E’ come se a Bolt non venisse negata la finale mondiale dei 100 metri. A Nadal l’iscrizione al Rolland Garros, a Federer quella di Wimbledon. Non servono altri esempi. Il nuovo assioma che si sono inventati gli americani è strabiliante: se un atleta è troppo forte non potrà più iscriversi alla gara che con ogni probabilità vincerà. E la prima vittima di questa follia è il nostro Alex Zanardi a cui è stata rispedita a casa l’iscrizione alla prossima maratona di New York: “Ci spiace mister Zanardi, lei è troppo veloce e sicuramente vincerà quindi non possiamo farla correre”…  Incredibile e non ci crede neppure Zanardi fresco campione paralimpico a Londra. A comunicarlo è stato propio l’ex pilota di Formula Uno  questa mattina a Padova all’inaugurazione di Expobici.  «Mi è stata rifiutata l’iscrizione alla maratona di New York – ha spiegato – perchè vado troppo forte. La trovo una cosa assurda e spero che la New York runners association ritorni sui suoi passi. Perchè le regole che hanno messo quest’anno non hanno senso, è come se non si facessero le gare dei 100 e dei 200 metri perchè vincono i giamaicani o perchè invece la gente deve guardare solo il lancio del peso».  Il discorso non fa una piega e a questo punto la domanda sorge spontanea: perchè allora gli organizzatori americani fanno correre gli atleti africani se sanno che poi comunque la maratona la vinceranno loro?  In attesa di una risposta resta il sigillo su una stupidaggine che sicuramente farà discutere. Quanto a Zanardi non sembra più di tanto disperato. Anzi. Ha garantito la sua partecipazione alla prossima Maratona di Venezia e ha detto anche che non si aspettava tutto questo calore e questo affetto dopo le sue vittorie olimpiche : ” Forse la gente ha capito che una volta correvo per me, adesso corro anche per la mia squadra, per i colori dell’Italia e per le tantissime persone che mi danno forza raccontandomi che hanno preso coraggio da me vivendo esperienze analoghe. Devo ringraziare Vittorio Podestà, oro paralimpico a Pechino e bronzo a Londra perchè è lui che mi ha portato in questo mondo. La mia vittoria è anche la sua».

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