L’onda lunga dell’attentato alla maratona di Boston. Una follia che ricordano in molti perchè le immagini di quelle bombe che esplodevano sul traguardo sono arrivate in diretta nelle case e poi hanno fatto il giro del mondo. Una, due, dieci cento, mille volte. E poi i dettagli, le inquadrature differenti, i video di chi sfortunatamente era lì perchè ormai con telefonini e smartphone ogni attimo della vita di tutti rischia di finire in diretta, diffuso da una rete che amplifica tutto senza distinguere. E cosi morti e feriti sono diventati immagini, filmati e storie che le tv hanno trasmesso e ritrasmesso per giorni. E’ l’effetto della comunicazione così come è diventata. Una volta c’era solo il telegionale della sera ora le notizie ti arrivano addosso 24 ore su 24. Che è sicuramente una conquista ma che, come sempre, ha un rovescio della medaglia. E in questo caso le controindicazioni sono importanti. La copertura televisiva e sul web dell’attentato alla maratona di Boston del 15 aprile scorso, quasi in tempo reale e poi nelle ore successive, ha provocato un picco di casi di sindrome  acuta da stress. Secondo lo studio dell’ Università della California, pubblicato su ’Proceedings of the National Academy of Sciences’  passare sei o più ore al giorno ’incollatì ai media a seguire una tragedia, come appunto la Maratona di Boston, ha provocato una maggior prevalenza (9 volte più alta) di sintomi acuti di ansia e stress rispetto a chi ha avuto un’esposizione mediatica minima (meno di un’ora al giorno). I ricercatori hanno
esaminato un campione della popolazione americana di 4.675 adulti in un periodo di 2-4 settimane e hanno valutato risposte allo stress acuto in proporzionane al grado di  esposizione diretta e indiretta all’attentato alla maratona. I sintomi, poi, crescevano ad ogni ora aggiuntiva d’esposizione ai ’bombardamentì dei media, vecchi e nuovi.  «Siamo rimasti molto sorpresi nell’ osservare come il grado di esposizione ripetuta ai media che raccontavano in diretta l’attentato si è dimostrato fortemente associato ai sintomi di stress acuto anche dopo l’evento – afferma Alison E. Holman, autore della ricerca – C’è un rapporto tra l’esposizione ripetuta a immagini e suoni violenti attraverso i media e lo sviluppo indiretto, soprattutto nelle persone vulnerabili, di una risposta ansiogena acuta».   L’indagine sembra aver sfatato la famosa “Cura Ludovico” raccontata nel film diStanley Kubrick  “Arancia Meccanica”, dove il violento Alex veniva rieducato costringendolo alla visione di immagini crude e atroci arricchite della nona Sinfonia di Beethoven. «Ci sono prove crescenti che assistere a video di eventi traumatici può innescare ’flashback’ e incoraggiare il condizionamento alla paura, senza nessun effetto libera», precisa la ricerca. Infine, gli autori dello studio hanno sottolineano che nel loro lavoro non c’è mai stata la volontà di minimizzare il punto di vista di chi ha vissuto di persona alcuni recenti eventi drammatici (come l’11 Settembre) ma piuttosto quello di evidenziare come anche l’esposizione indiretta (via tv, internet o radio), possa provocare danni o disturbi. «Perchè le persone – sottolinea lo studio – non si rendono conto di quanto possa essere stressante l’esposizione indiretta a morti e sangue sui media. E su questo rischio servono ulteriori approfondimenti»