La cyclette la usava la mia nonna.  La teneva in camera da letto e, come le aveva raccomandato il suo medico per tenersi un po’ in forma quando gli anni e gli acciacchi cominciavano a farsi sentire, pedalava. Era azzurra e bianca, la sella e i pedali della Graziella, una grossa rotella sullo sterzo per aumentare la resistenza del volano, scomoda e rumorosa. Tanti anni fa. Ora le “bici da camera” sono diventate un’altra cosa. Anche quelle più economiche sono diventate più tecniche con tanto di display, funzioni avanzate e programmi che simulano pianure, salite e discese.  Vale il solito dicorso. Più si sale col prezzo meno la cyclette è una cyclette. Più la cyclette diventa una bici vera e propria su cui si può fare di tutto, anche allenarsi davvero. C’è chi d’inverno non pedala,  chi fa i rulli e c’è chi fa la cyclette. E la fatica è la stessa. Ci si veste con il body da ciclista, si mettono i sali nella borraccia, si agganciano le scarpe da corsa ai peedali, si regola il canotto della sella, la lunghezza del manubrio, quella delle protesi, si gira la monopola sul punto zero e si comincia a pedalare. Un clic e sul dispaly iniziano a scorrere le immagine della salita dell’Alpe d’Huez. Iniziano ad arrivarti il battito del tuo cardio, i watt delle tue pedalate le calorie che stai consumando. Un altro clic e il programma si incarica di irrobustirti la pedalata sul falsopiano, di renderla più lieve quando si scende e di farla diventare tremenda quando la salita sullo schermo diventa salita davvero. C’è la gente che applaude, ci sono le ammiraglie delle squadre che ti sorpassano  e ci sono anche gli avversari. E anche se tu resti fermo lì  in una pozza di sudore sotto due piantane che sostituiscono le tue ruote a profilo alto sembra tutto estremamente vero. Altro che cyclette…