Quando la bici è un sogno di titanio
Forse era destino. Perchè il Ghisallo, per chi ha la «malattia» del ciclismo, non è solo una salita ma la via del pellegrinaggio. Forse era destino è infatti fu proprio su quei tornanti che salgono da Bellagio che, anni fa, Luciano Passoni, cresciuto in Brianza a pane e ciclismo con quell’ Ernesto Colnago che conosceva dall’eta di 13 anni, una mattina pedalando s’imbattè in un ingenere bergamasco in scarpini e braghette che saliva verso il santuario su una bici di titanio. Sì, titanio. Nell’epoca dei tubi in acciaio e alluminio il carbonio era ancora un’ipotesi e il titanio pure. Anche se Amelio Riva l’aveva studiato e lo usava già da un pezzo nelle sue progettazioni aeronautiche e di automotive. Fu la «scintilla». Quella bici fiammante che Riva si era costruito per sè divenne il chiodo fisso e il business di Luciano Passoni. Una vita fa. Oggi da Robbiate, dov’era una volta, la Passoni è a Vimercate ed è diventato un avamposto tutto italiano contro la crisi. Un avamposto di lusso, perchè le 300 bici che ogni anno escono dalla «fabbrichetta», come dicono da queste parti, sono veri e propri gioielli di stile e di tecnica. «La nostra sfida deve per forza essere questa- spiega il responsabile commerciale Danilo Colombo– Sappiamo di non poter competere sui numeri con i grandi marchi e quindi puntiamo tutto su un prodotto di altissima qualità e completamente italiano. Anche perchè fa parte del nostro dna». E basta mettere il naso dentro all’«officina» per capire che qui la bici da corsa fa storia a sè. Una pedalata e un giro per visitare la fabbrica insieme con un gruppo di manager dell’ Università Bocconi portati qui da una delle loro associzioni che si chiama Alumni. «Chi viene qui cerca una bici unica- spiega Colombo– Viene per costruirsela su misura. E’come se andasse da un sarto per farsi tagliare un vestito addosso». E infatti il primo passo è il centro di biomeccanica dove vengono prese misure e angolazioni che poi, cad e computer, traducono sul taglio dei tubi e sugli angoli di saldatura. C’è una macchina che è una bici senza ruote che si regola in ogni direzione; c’è una telecamera che ferma le immagini delle pedalate e poi ci sono una serie di numeri e grafici che stampati finiscono nelle mani dei meccanici. Acciaio, carbonio ma soprattutto titanio. «E il materiale che molti ci chiedono e che è un po’ la caratteristica delle nostre bici- spiega Colombo– É leggero ma soprattutto molto elastico e ciò permette alla bici di assorbire con più facilità le sollecitazioni e le vibrazioni. I test che alcuni professionisti hanno fatto ce lo hanno sempre confermato soprattutto quando si percorrono tanti chilometri». E tra i «pro» che sulle Passoni ci pedalano c’è anche Diego Caccia che oggi lavora per l’azienda di Vimercate ma fino a un paio di anni fa «faticava» in gruppo al Giro, al Fiandre, alla Liegi Bastogne Liegi. Era l’uomo delle grandi fughe al Lombardia o alla Sanremo, tirate da 200 chilometri in solitaria a spingere rapportoni impossibili, oggi è un po’ l’uomo «pr» della Passoni. «Le nostre sono bici da appassionati- spiega- Se un cliente vuole vedere come le costruiamo lo andiamo a prendere, lo portiamo qui e progettiamo la bici insieme. Poi magari usciamo anche a pedalare…». Otto settimane per un sogno. Otto settimane perchè una Passoni immaginata, pensata, progettata e costruita arrivi tra le mani del nuovo proprietario. E basta dare un’occhiata a come lavorano i tecnici dell’officina per capire perchè. Qui non ci sono catene di montaggio. Il foglio di titanio viene piegato, tagliato, saldato sia all’interno e sia all’esterno e poi finisce in una «campana» speciale per la saldatura sottovuoto. E siamo solo all’inizio. Si cambia la morsa e tocca i fresatori togliere tutte le tracce delle saldature. Un lavoro certosino e delicato perchè le frese devono «limare» ma non troppo e il risultato finale è un telaio che sembra un pezzo unico: «monoscocca» direbbero gli esperti. «Il resto del montaggio- spiega Colombo– dipende da cosa ci chiedono i clienti. Noi puntiamo tutto sui prodotti italiani. Dai movimenti Campagnolo, alle Selle Italia ai mozzi in ceramica alle ruote a profili alti la nostra filosofia è quella di assemblare una bici che sia completamente italiana. I costi? Dipende, non c’è una regola. Ogni bici fa storia a sè perchè è il cliente che decide come sarà. Ma abbiamo venduto anche bici da 25mila dollari…». E così quando esci dalla Passoni e ti arrampichi dopo qualche chilometro sulla salita che porta a Montevecchia vedi dall’alto la Brianza. Una volta terra di mobilieri, oggi anche di «gioiellieri» che costruiscono biciclette.