E’ proprio vero che la vita comincia (o ricomincia) a quarant’anni. E Magari da New York. Per Danilo Goffi, carabiniere 42enne di Nerviano, campione italiano in carica di maratona, è un po’ così. È stato il primo italiano sul traguardo di Central Park, quindicesimo assoluto, primo della categoria master e primo tra gli atleti europei. Non male, anzi benissimo se si considera che l’azzurro ormai non fa più l’atleta a tempo pieno ma il militare dell’Arma.
Sposato, con un figlio di sei anni, Goffi ha scritto pagine importanti nell’atletica italiana prima con l’ Atletica Riccardi e poi con il gruppo sportivo Carabinieri.  Campione europeo di maratona a squadre nell’98 a Budapest, nono nel 96 alle olimpiadi di Atalanta, vincitore della maratone di Venezia ( 1995) e Torino (2005) l’azzurro ha corso da professionista praticamente fino a tre anni fa. Poi sono arrivati i turni e il lavoro in caserma: «Sì più o meno è così- spiega- Ora faccio il carabiniere e devo ringraziare l’Arma che dopo il titolo italiano conquistato quest’anno mi permette di utilizzare qualche licenza in più per motivi sportivi e quindi di allenarmi con più calma e di  gareggiare…». Così in pratica non ha mai appeso le scarpette al chiodo. Anzi. Allenato da Silvio Omodeo, tecnico milanese e «voce» delle più importanti manifestazioni podistiche italiane, Goffi ha continuato a macinare chilometri ritagliandosi gli spazi come uno dei tanti appassionati ma con la determinazione e l’applicazione di chi non ha ancora smesso di ragionare come un campione: «Corro mediamente per 200 chilometri ogni settimana cercando di conciliare gli allenamenti con la mia famiglia e i turni di lavoro – racconta- La corsa per me è fondamentale e non riesco ancora a pensare quando smetterò di fare sul serio. Ora dopo New York ho qualche acciacco muscolare ma quella è l’età, visto che non sono più un ragazzino. Ma credo che comunque valga sempre la pena di continuare a fare ancora tutta questa fatica…». Certo, perchè la maratona di New York fa storia a sè, è un’emozione indescrivibile dal primo metro all’ultimo, soprattutto per atleti di primo piano che riescono a correrla davanti. «Io non ho più la presunzione di poter competere con i primi- racconta Goffi– però comunque resto nella prima parte del gruppo e a New York il tifo è incredibile. Soprattutto quando si scende dal Queensborogh bridge e si va verso Manhattan. Non c’è una maratona uguale a questa e poi ci sono tanti che riescono a leggere il tuo nome sul pettorale e ti incitano…perchè noi italiani a New York siamo un po’ di casa». Due ore e 19 minuti per arrivare al traguardo. Per correre 42 chilometri tutti di un fiato da Staten Island a Central Park tagliando in due la Grande Mela. Goffi è sempre lì. Magari non con i keniani che sono un pianeta a parte ma a giocarsela con tutti gli altri e a dire ancora la sua: «No, non esageriamo- spiega- Per me ora diventa importante il circuito master. I miei obbiettivi ruotano intorno a questo ora. E per questo mi alleno con lo scrupolo di sempre…».  Così dopo il grande risultato newiorchese si tira un po’ il fiato almeno fino a Natale. Poi però si ricomincia perchè un’altra maratona chiama. Ed è una maratona che ha fatto la storia: «Sì, mi piacerebbe correre a Boston- confessa Goffi– E la maratona più antica ed anche la piùà affascinante. Da gennaio comincerò a pensarci…»

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