Don Ciotti, il doping e lo show
Il doping fa parte dello show. Lo pensano in tanti ( quasi tutti) ma nessuno poi ha il coraggio di ammetterlo. E fa parte dello show da sempre. Non solo dal tempo di Lance Armstrong la cui storia sembra un po’ diventata lo spartiacque tra due epoche, quasi un “avanti e dopo Cristo dello sport” inquinato e pulito. E invece il doping c’era prima, c’e stato anche dopo e ci sarà sempre. Così fa sorridere l’ipocrisia di tutti quelli che si indignano perchè il texano viene intervistato dal New York Times che manda ad Austin in Texas addirittura un inviato, Jeremy Whittle. Se lo manda, soprattutto in un periodo in cui nei giornali si taglia tutto il possibile e soprattutto viaggi e trasferte, un motivo ci sarà. E il motivo è sempre lo stesso. Il texano fa parte dello show ancora adesso, ancora oggi le sue interviste si leggono, ancora oggi quando si presenta al Tour come l’anno scorso per raccogliere fondi contro le leucemie attira più fotografi di Froome. Piaccia o non piaccia è così perchè lo show è questo. E nello show c’è il doping. C’era ai tempi del texano che si è dopato come si dopavano tutti e ha vinto sette tour perchè era il più forte, primus inter pares. E cè anche oggi nonostante i controlli, nonostante la pressione dell’opinione pubblica, nonostante l’aria sia un po’ cambiata. O almeno così pare…Ma il vero problema non è il doping, non è se essere contro o a favore ( e come si potrebbe?) Il problema è decidere se si vuole lo show, se si vogliono campioni che lo infiammino, se si vuole il business di un mondiale o di un’olimpiade, se si vogliono comprare i biglietti per una finale, se si vuole fare l’abbonamento a un tv che trasmette un evento. E’ un sistema che si autoalimenta. Se ci sono contratti milionari, sponsorizzazioni milionarie, premi milionari è probabile, molto probabile, che in gruppo, in squadra, ovunque ci sia qualcuno disposto a tutto per vincere. Anche a barare. E allora che si fa? Ci si indigna? Forse sarebbe il caso di indignarsi perchè ormai ci sono Federazioni che fanno carte false per vincere, perchè una vittoria, una medaglia o un Tour valgono milioni. Troppo? Sicuramente sì ma il gioco è questo. Ci si deve fare i conti, far finta che non sia così è ipocrita. E tra gli ipocriti sicuramente non c’è Don Ciotti , il presidente di LIbera: «Hanno vinto l’individualismo e la pulsione a cercare il successo a ogni costo, che inducono a barare al gioco per raggiungere il risultato desiderato” ha detto in una tavola rotonda sull’immagine che lo sport offre di sè, organizzata a Fondo, in Trentino- ” Il doping colpisce la società e lo sport quattro volte – ha affermato don Ciotti- perchè altera i valori in campo, mette in pericolo la salute, sostiene un mercato criminale e alimenta un sistema di valori perverso. L’antidoto consiste nel trasmettere ai giovani valori diversi, come avevano cercato di fare don Pino Puglisi e don Giuseppe Diana, assassinati dalla mafia (nel 1993 e nel 1994), i quali grazie al gioco erano riusciti a costruire straordinarie palestre educative». Il resto sono chiacchiere…