Ieri l’assessore alla mobilità del Comune di Milano Marco Granelli ha annunciato la “rimodulazione” degli orari dei metrò milanesi. Si parte prima, alle 5.40, ma viene spostato l’orario di punta per le tre linee dalle 930 alle 9.15. Non è un dettaglio perchè ciò in buona sostanza significa il taglio di alcuni treni e quindi l’allungamento degli orari di attesa di due minuti. E ciò più o meno vale per le linee di superficie. Certo, non è un dramma aspettare il metrò un paio di minuti in più. Ma non è questo il punto. Come spiega il presidente della commissione mobilità Carlo Monguzzi (Pd) “Ripetiamo sempre quanto lo smog sia nocivo e poi tagliamo i mezzi pubblici?”. Non fa una grinza. Ed infatti la pensano così anche dall’altra sponda politica: “Siamo contrari ai tagli dei mezzi negli orari di punta, in quelli non di punta e soprattutto la domenica- spiega il consigliere di Forza Italia Fabrizio De Pasquale- Che senso ha chiedere ai milanesi di non usare l’auto e poi tagliare i mezzi pubblici..” Va così. Purtroppo va così. Anche perchè basta dare un’occhiata ai dati Istat elaborati pubblicati nei giorni scorsi dal Sole 24ore per rendersi conto che poi gli effetti di queste politiche sono quasi immediati. Lo scorso anno solo un italiano su dieci è andato a lavorare a piedi. Eppure il 41% dichiara di metterci meno di 15 minuti, quindi non si tratta di lunghe distanze. Il 69% degli italiani va al lavoro in automobile, come conducente. Un altro 6% come passeggero, comunque utilizzando le quattro ruote. A queste scelte si aggiunge poi chi preferisce i mezzi di trasporto pubblici (come metropolitana  o tram – dove ci sono – oppure pullman e autobus) oppure raggiunge l’ufficio in motorino o in bicicletta. Queste due ultime soluzioni sono scelte dal 4% degli italiani, a conferma che le due ruote non riscuotono un grande appeal tra i lavoratori. Dati e cifre. Il resto sono chiacchiere.