Maratona, il record che non fa sognare
Il mese scorso sulla pista di Monza era andato in scena il primo test di Nike che con Eliud Kipchoge, Zersenay Tadese e Lelisa Desisa , come in un warm up, avevano girato intorno ai 59 minuti sulla distanza della mezza per capire se sarà possibile stare sotto le due ore in maratona. Era il primo atto, il primo passo per cercare di sgretolare una barriera che nella logica sarebbe dovuta resistere ancora per un bel po’. Ma in un mondo che vive in accelerazione continua c’è fretta di bruciare le tappe. Così pochi giorni fa Nike ha annunciato che il nel week end dal 5 al 7 maggio si farà sul serio, si proverà ad infrangere il muro delle due ore. A cambiare la storia. La gara si svolgerà nell’ Autodromo e l’evento sarà chiuso al pubblico. Ma, succeda quel che succeda, il mito resisterà. La maratona non è solo ore, minuti e secondi. La maratona è record e i record sono un insieme di elementi: gara, tattica, percorsi, avversari. Parlando tempo fa con Manlio Gasparotto, collega della Gazzetta, concordavamo sul fatto che il tentativo di Nike ( ma ci sta provando anche Adidas) sia un’altra cosa. Legittima, affascinante, futura, performante e attendibile finchè si vuole ma un’altra cosa. La mia sensazione (per quanto vale) è che non ci sia emozione. Che sia un esperimento tecnico, scientifico, studiato e programmato. Che sia l’evoluzione di materiali, allenamenti, alimentazione, training e recuperi che ha (e avrà) una valenza fondamentale per chi vorrà primeggiare nei prossimi anni in maratona ma che sia un record senz’anima. La maratona è “mito”, laddove il pathos, le forze che regolano l’animo umano nel pensiero greco, si contrappongono al logos, la parte razionale e scientifica. Si vince guardando il crono, ma non si sogna…