f168d108b124a2e978baf00c2084494b-korE-U1101224364163PLB-1024x576@LaStampa.itQualche mese fa sui 39,8 chilometri tra i vigneti umbri da Foligno a Montefalco Tom Dumoulin aveva spiegato un po’ a tutti cosa significa volare a cronometro. Spalle ferme, pedalata rotonda,  traiettorie sicure e braccia sulle protesi. Facile. Così in bici si va a settanta all’ora in pianura. E a settanta all’ora, se non si fanno magheggi, non si va neanche con un cinquantino, neanche in scooter.  Ma lo spilungone olandese della Sunweb che  allora aveva vinto ( stravinto) la “Sagrantino Stage”,  poi aveva vinto (stravinto) il Giro d’Italia e oggi ha vinto (stravinto) la crono mondiale di Bergen in Norvegia è talmentee abituato a stupire che ormai non stupisce più. Trentuno chilometri in 44 minuti e 41 davanti allo  sloveno Primoz Roglic a 57 secondi e a Chris Froome  a un minuto e 21. Trentun chilometri alla media di  41,626  che vuol dire andar forte davvero se si considera che gli ultimi tre chilometri e mezzo erano in salita (vera) e che per l’olandese, che è partito penultimo,  strada e pavè erano viscidi e bagnati. Ma non sono le cifre, i tempi, la velocità a spiegare che questo olandese di Maastricht, città di grandi trattati più che di grandi campioni, il prossimo anno potrebbe diventare l’uomo da battere nelle grandi corse a tappe che deciderà di correre.  Va come il vento a cronometro e va fortissimo anche in salita. Talmente forte che oggi se il mondiale fosse stato solo un chilometro in più avrebbe raggiunto e superato Chris Froome,  il vincitore di quattro Tour de France, non del campionato dei giornalisti o dei panificatori con tutto il rispetto per colleghi e panettieri. Talmente forte che oggi si è capito dal primo intremedio che non ci sarebbe stata stroia. Talmente forte che sembra non faccia neppure fatica. Infatti poi scende dalla bici e ride di gusto. Gli altri un po’ meno…