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Cinque anni fa moriva Pietro Mennea. Il più grande. L’immagine che resta, e che resterà per sempre nella memoria, è quella del 28 luglio 1980: Stadio Lenin di Mosca,  XXII Olimpiade. Finale dei 200metri. Forse una delle medaglie olimpiche più belle della storia dell’atletica italiana: la gara, nella telecronaca di Paolo Rosi, racconta in 20 secondi e 19 centesimi l’essenza stessa della vita di Mennea,  ragazzo del sud,  di famiglia modesta, caparbio, geniale, campione, avvocato, commercialista, scrittore, politico. Tutto.   Non ricorderemo Pietro Mennea solo per il suo 19″72, record del mondo imbattuto per oltre 17 anni e  ancora oggi primato italiano ed europeo. E non solo per l’oro olimpico del 1980 a Mosca e per quella incredibile rimonta racconta da un emozionatissimo e indimenticabile Paolo Rosi: “recupera, recupera, recupera…” .  Pietro Mennea tutti quelli che hanno la mia età lo ricorderanno per un modo di dire che starà lì per sempre a  testimoniare quanto è stato grande, perchè nulla è più definitivo e scolpito di un modo di dire. “Corri come Mennea…” era ciò che ognuno di noi almeno una volta  da piccolino si è sentito dire quando la sensazione era di andare veloce: su un campetto di calcio, giocando in strada, uscendo di fretta dalla scuola o anche scappano dalla sculacciate della mamma…Perchè Pietro Mennea correva davvero forte, spesso in direzione ostinata e contraria ed è sempre stato nella storia. Nella nostra storia