Pasqua, c’è il Fiandre…
Domani è Pasqua e si corre il Giro delle Fiandre. Il Giro delle “Fiandre” sono i muri, sono la storia del ciclismo, sono un Paese che pedala, che sta sui bordi delle strade ad applaudire, sono birra e panini bevuti e mangiati aspettando la corsa, sono il pavè che non è un fastidio da asfaltare ma sono cubetti di gloria. Il Fiandre sono paesini che vivono addormentati per un anno tra le campagne, tra case e cascine che sembrano un dipinto fiammingo, sono i cieli bassi e il sole che non tramonta quasi mai, sono gli sterrati infiniti nei boschi e la brezza del mare del Nord. E il ciclismo tiene insieme tutte queste cose. Il Giro delle Fiandre domani sarà quello di Vincenzo Nibalie compagni. E’ stato quello di Magni, Merckx, Cancellara, Sagan ma è un’altra cosa. C’è un Giro delle Fiandre ce si può fare in vacanza pedalando con calma anche con la famiglia al seguito. Una sessantina di chilometri al giorno più o meno sulle stesse strade, sugli stessi muri tra gli stessi paesi. Un bel viaggio che ruota tutto intorno a Bruges, che i fiamminghi chiamano Brugge e che, con tutti quei canali, pensano sia un po’ la Venezia del Nord. Un gioiellino medievale che in bicicletta si gira in ogni angolo dalla Torre dell’orologio, alla cattedrale, ai canali, al museo del cioccolato o a quello delle patatine fritte che qui sono un po’ come il il Parmigiano reggiano o il prosciutto San Daniele per noi. Friggono tantissimo i belgi. Friggono e hanno anche delle ottime birre per cui pedalare dalle nove del mattino alle cinque del pomeriggio diventa un ottimo alibi per non farsi poi mancare nulla a tavola. Da Bruges a Loppem e poi Damme un paesino lastricato di pavè che si raggiunge dopo un bel tratto verde costeggiando un canale con i ponti che si sollevano per fare passare i barconi e gli yacht che vanno verso il mare del Nord. E’ un continuo come i paesaggi che ti scorrono a fianco: dai polder strappati al mare, ai boschi, alle immense pianure coltivate a grano e granoturco, alle distese di erba medica dove pascolano mucche, cavalli e anche qualche cerbiatto. Ci sono più animali che persone. E uno si chiede di cosa vivano da queste parti, dove le casette e i giardini ti lasciano a bocca aperta , dove nulla sembra fuori posto, dove ci sono piste ciclabili ovunque e dove le auto si fermano per lasciarti passare. Ma non si incontra quasi mai nessuno. Un mio amico che vive a Bruxelles racconta che i belgi non amano lasciare i loro paesini, non si trasferiscono e prefericono viaggiare per andare al lavoro nelle città. Fanno i pendolari insomma. Raggiungono le stazioni con le biciclette, le lasciano nei parcheggi custoditi e poi in treno vanno in ufficio. Viceversa la sera che, per la cronaca, arriva tardissimo visto che fino è chiaro fin quasi alle 23. Non solo paesini incantati però. Nel giro dopo un paio di giorni si arriva a Torhout, la più antica città delle Fiandre, che merita una visita così come i castelli di Aertrijke e di Wijnendale che è ancora abitato da una baronessa con il marito, un ex ufficiale di marina ora in pensione. Sulla strada del ritorno una tappa la merita l’Osservatorio naturalistico del parco di Beisbroeck e le spiagge infinite del mare del Nord a Blankeenberge. Basta un’occhiata al colore scuro dell’acqua e ai bagnanti con la muta da sub per capire perchè i belgi, quando poi vengono in Italia, fanno il bagno anche a marzo. Il Giro delle Fiandre è quasi tutto qui. Molto rimane nella testa, tantissimo nel cuore perchè anche se il fiammingo è una lingua che non si capisce e i fiamminghi sono per precisione e puntualità “semitedeschi”, hanno uno spiccato senso dell’ospitalità. Domani si corre il Giro delle Fiandre. Quello dei professionisti. Che ti tiene attaccato alla tv per tutto il pomeriggio in una magia che non fisnisce mai ma che può essere anche un’altra cosa. Che val la pena di pedalare…