1404923966-nibaliC’è il pavè al Tour. Che fa tremare polsi e manubri, che fa sussultare l’anima, che spezza ruote e a volte sogni. Domani frazione numero nove, una mini Roubaix di 156 chilometri. Partenza da Arras e arrivo a Roubaix e non servirebbe aggiungere altro. Dopo la prima settimana si potrebbero  fare i conti e a qualcuno potrebbero anche non tornare.  C’è parecchia gente in corsa che sulle pietre è capace di scrivere grandi storie.  C’è Peter Sagan  che sarà fronteggiato da Greg Van Avermaet e Philippe Gilbert. C’è Gianni Moscon che però più che delle pietre dovrà preoccuparsi di stare al fianco di Chirs Froome. E c’è Vincenzo Nibali che quattro anni fa nel fango di Arenberg  sigillò la sua maglia gialla rifilando minuti ai rivali, ad Alberto Contador e a Froome costretto al ritiro dopo un paio di cadute. C’era e c’è. C’è sempre lo squalo quando bisogna esserci.  E domani si fa l’appello. Sono trentatrè anni che Roubaix non è una tappa della Grande Boucle ed è dal 1981 che non si fa così tanto pavé: 22 chilometri in quindici settori, tanti quanti bastano a fare sfracelli a cambia le classifiche a fare le valigie.  Il Tour è il Tour anche per questo. Storia che diventa presente e futuro di uno sport epico quando la strada è questa. E i francesi lo sanno, si tengono strette le loro pietre maledette, se le coccolano, le conservano, c’è addirittura un’ associazione che ne cura la conservazione e il recupero e trasmette questi valori affidando ai giovani allievi dei licei agrari la cura pratica di ogni cubetto, di ogni tratto, di ogni settore.  Ci sono anche un paio di ministeri che si occupano della faccenda, perchè il pavè, catalogato, archiviato e marchiato è “Monument Historique”. E il Tour ringrazia…