sanremoolimpicoA parte il mal di gambe, cosa resta di un triathlon? Ognuno in genere riporta a casa qualcosa e il giorno dopo è tutto uno scorrere di classifiche, di foto, di nastri che si riavvolgono, di analisi, rimpianti, di “si poteva far meglio ma forse poteva anche andar peggio”. Una volta erano le chiacchiere sulla panca dello spogliatoio con l’allenamento che in realtà era solo la scusa per incontrare gli amici, oggi è tutto un postare sui social che diventano la vetrina perfetta per condividere, magari esagerando un po’, tempi, foto e polemiche. Cosa resta dell’Olimpico di Sanremo è presto detto. Resta un week end che rasserena, perchè per chi ama questa disciplina vedere tanti ragazzi in gara nelle finali del Campionato Italiano giovani a squadre e nella Coppa delle Regioni mette l’animo tranquillo sul futuro di uno sport che non può che crescere.  Resta lo spettacolo di una festa, organizzata in un bel porto completamente chiuso, dove ci si sente al sicuro, al riparo da ogni pericolo, un po’ come le barche da mille e una notte ormeggiate sulle banchine e che alla fine si accarezzano nella corsa. Resta un tracciato in bicicletta che, dopo qualche aggiustamento, quest’anno è diventato uno dei posti più belli dove pedalare: senza esagerazioni. Una ventina di chilometri su pista ciclabile che costeggia il mare e che ha preso il posto delle ferrovia aperta solo per i triatleti, poi la Cipressa e il Poggio che sono la “Sanremo”, il monumento del ciclismo mondiale, sono le scritte per Nibali, Sagan e Kwiatkowski sull’asfalto, sono due “strappetti” che fanno la  differenza tra i professionisti,  figurarsi per chi ha già nuotato e dovrà correre. Restano diciassette edizioni che ormai sono storia ed altre ne verranno a rinsaldare una tradizione sportiva che quest”anno, grazie anche al lavoro del sindaco Alberto Biancheri,  hanno fatto di Sanremo la città europea dello sport. Resta il lavoro prezioso dei tanti volontari, delle staffette in moto, della Polizia Stradale che sono dove servono e meno male che ci sono. Resta il comandante della Capitaneria di Porto, elegante nelle divisa bianca della Marina, che dà un tono ancora più ufficiale alle premiazione degli Assoluti. Restano le facce attonite dei nuotatori quando medici e  giudici decidono che la muta non si potrà usare, senza sconti anche per chi è avanti con l’età. Restano quelle felici di chi arriva al traguardo senza far fatica e quelle più provate di chi arranca nelle retrovie. Restano la vittoria di Francesco Nicolardi del Raschiani Triathlon Pavese e  di Vittoria Bergamini del  Riviera Triathlon 1992 che arrivano al traguardo rispettivamente in  2 ore e 5 minuti  e in  2 ore e 23 mettendosi dietro tutti gli altri. Restano chilometri di transenne, fettucce e birilli che in un battibaleno tornano nei magazzini quando tutto sta per finire. E restano 23 chilometri di coda da Pietra ligure a Savona che vien voglia di tirar giù le bici dal portapacchi e rimettersi a pedalare. Ma questa è un’altra storia…