Colle del Nivolet, in cima ti sorride il cuore
Sul Colle, come lo chiamano qui nella valle dell’Orco, bisogna andarci per capire che salita è. In bici ovviamente. In bici perchè lassù, ai 2600 metri e rotti del Nivolet tra cime innevate, laghi, strapiombi e raffiche di vento che ti spazzano via è un attimo sentirsi in cima al mondo. Non importa da dove si comincia. Da Cuorgnè, Sparone, Locana la fatica è infinita, perchè si sale sempre. Si sale subito e si continua a salire verso Ceresole Reale dove la strada s’impenna all’improvviso su un vecchio tratturo rimesso a nuovo lo scorso anno per il passaggio del Giro che permette a chi pedala di non infilarsi in galleria. Una bella comodità che vale il prezzo di un paio di strappi anche al 16 per cento. Poi da Ceresole si attacca il “Colle” che a tutti gli effetti è passo alpino di prima categoria, per dislivello, pendenza e per i suoi 2612 metri a cui si arriva dopo una scalata che lascia senza fiato. “Non ti puoi sbagliare, la strada è una sola e sale sempre…” spiega il Pirata che qui a Ceresole noleggia E-bike ai turisti ma se la cava anche molto bene con cacciaviti e brugole. E infatti resuscita il cambio della mia bici che non dava più segni di vita. “No tranquillo, va bene così, non mi devi niente- mi liquida dopo una quarantina di minuti- Facciamo che quando scendi ti fermi qui da me a bere una birra…” Grande. Grande come il Nivolet che è un valico “ciclo-pedonale” che unisce Torino alla Valle d’Aosta, in particolare Ceresole Reale alla Valsavaranche all’interno del Parco Naturale del Gran Paradiso, in uno dei luoghi meno contaminati delle Alpi. Un incanto naturalistico e ciclistico, una salita evocativa, iconica, indimenticabile. Il Giro ci è passato l’anno scorso e si vede. Si vede dalle bici appese ai portoni delle case, ai cancelli per salutare la carovana, si vede all’ingresso di Ceresole Reale con i muri tappezzati di rosa , si vede sull’asfalto dove dal tifo per lo squalo a quello per Ciccone è tutta una scritta. Allora a vincere, staccando tutti, era stato il russo Ilnur Zakarin che tra due muri di neve se l’era bevuta la salita. Non bisognerebbe mai guardarla in tv una salita perchè i professionisti la fanno facile, sembrano volare, agili e leggeri si mangiano via asfalto e tornanti. Che invece, quando tocca a te, non passano mai. Pedali e sei sempre lì. Pedali e non sai più come asciugarti il sudore che ti fa impazzire gli occhi. Pedali e senti le gambe che fanno sempre più fatica. Alzi lo sguardo e pensi che non ci arriverai mai lassù. E invece ci arrivi. Piano piano, con pazienza, senza strafare e, come dice Vladimir Chiuminatto, presidente dell’Egan Bernal fans club che conta oltre 200 membri e che qui nel Canavese ha scortato il colombiano vincitore del Tour quando arrivò in Italia, “tenendoti un po’ di energie anche per scendere, perchè spesso c’è vento e le gambe servono…”. Ma ci pensi dopo a scendere. Sul Nivolet prima bisogna arrivarci. E quando sei in cima ti sorride il cuore…