Di Felice ai piedi dell’Everest in bici: “Ho inseguito un sogno”
“Io, la mia bicicletta e di fronte a me la montagna più alta del mondo. Ho finalmente raggiunto il mio Everest. Sono arrivato quassù con la forza delle mie gambe e delle mie braccia. Ma anche della mente e del cuore. Ed ora, da solo, tutto il resto sparisce e ci sono solo la gioia, l’emozione e l’orgoglio per questi 19 lunghi giorni inseguendo un sogno…”. In questo post su Facebook c’è l’essenza dell’ultima impresa di Omar Di Felice, 40anni, romano con un passato da grafico pubblicitario ben chiuso in un cassetto, ex ciclista professionista ed oggi ultracycler estremo con animo da giramondo. Un viaggio di 19 giorni in Nepal che lo ha portato ai piedi del campo base dell’Everest, dove partono tutte le spedizioni per conquistare la vetta e che corona il sogno di sempre. Una fatica cominciata sulle strade di Katmandu e Pakara pedalando per 1300 chilometri e 33mila e 600 metri di dislivello tra le regioni del Mustang e le valli himalayane in una delle zone più aride e fredde del continente asiatico, in una porzione di Tibet rimasto ancora incontaminato. Salito fino ai 4660 metri del Kora La Pass, al confine con la Cina, è quindi ridisceso lungo le vallate fino a giungere a Muktinat, dove è iniziata la dura salita al Thorung La Pass, vera “Cima Coppi” dell’avventura con i suoi 5416 metri di altitudine battuti dai fortissimi venti himalayani e con temperature rigide riscontrate fino a -20°C. Poi la lunga risalita fino a Lukla nel parco del Khumbu da cui sono iniziati gli ultimi cento chilometri I più impervi e difficili che lo hanno visto caricare la bicicletta in spalla nello speciale zaino dotato di ganci e sicure, e camminare sui ripidissimi sentieri himalayani. Niente asfalto, sterrati, vie da cercare, ponti tibetani, villaggi dove Di Felice ha trovato l’accoglienza della popolazione nepalese che gli ha permesso di evitare i bivacchi e di dormire in piccole stanze messe a disposizione dalla gente del luogo. «Il mio ciclismo più che prestazione è avventura- ricorda sempre – Un modo di essere che mi permette di scoprire luoghi incredibili ma anche me stesso. Mi permette di capire quali sono le mie possibilità e quali i miei limiti…». E il Tibet è il posto perfetto per mettersi alla prova. Una voglia di avventura e di viaggiare che sono diventate un mestiere ma che non hanno mai smesso di essere emozione. In questo caso condivisa. Con la compagna Sara, a cui 13 anni fa lo aveva promesso che prima o poi lassù ci sarebbe arrivato: ” Oggi di fronte all’Everest è stato come fare un lungo salto indietro- scrive sul suo profilo- In un istante ho rivisto tutto, così chiaro davanti a me. E se ora sono qui, 13 anni dopo quella cena e quella frase buttata lì a cui forse non credevo neanche io lo devo anche e soprattutto a te e a come hai saputo assecondare i miei sogni senza mai limitare la mia voglia di salire in alto…”.