Monsignor Mario Delpini entra nel museo Colnago e si ferma a guardare l’immensa foto di Papa Wojityla che riceve, proprio dalle mani di Ernesto Colnago, una bici sportiva di colore  beige costruita in una sola notte a Cambiago e portata in dono a Giovanni Paolo II nel cortile di Castel Gandolfo. A fianco c’è quella gialla in carbonio su cui Tadej Pogacar ha vinto lo scorso anno il suo primo Tour de France e poco più in là centinaia di «gioielli» che raccontano un mondo fatto di ruote e pedivelle, ma anche un bel pezzo di storia del nostro Paese. L’Arcivescovo visita l’azienda di Cambiago e ascolta la «vicenda» di un uomo abituato a lavorare fin da piccolo quando, per imparare il mestiere, fu spedito dai suoi genitori nell’officina «Dante Fumagalli» in cambio di due chili di farina alla settimana. Una vita fa. Una vita che a 89anni è un viaggio di sacrifici, lavoro e intuizioni condensate in una serie foto che ritraggono l’«Ernesto» con grandi campioni, grandi manager, con presidenti della Repubblica, con il «Drake» Enzo Ferrari con cui si intendeva a meraviglia perchè la «pasta» è la stessa… «Si capisce che questa azienda e queste biciclette sono frutto del lavoro, dell’amore e dell’ingegno che sono qualità che il Signore apprezza- spiega Monsignor Delpini– Io con la bicicletta ho solo un rapporto di gioventù quando la usavo per andare da Jerago al seminario di Venegono, era il mio mezzo per muovermi e c’era anche una salita da fare. L’unico in casa che la usava per correre era mio nonno Enrico che in bici aveva anche vinto qualche medaglia. Non sono un esperto di ciclismo: conosco qualche campione dei tempi passati, quelli che quando ero ragazzo leggevo nei racconti di Dino Buzzati». A cercarla c’è un’analogia tra un percorso fatto in bici e un percorso di fede. Analogie per la fatica, la costanza e per le difficoltà che come spiega proprio Colnago «Sono poi quelle che ti fanno crescere e ti fanno diventare uomo. Il mondo è cambiato ma se uno vuole lasciare qualcosa deve mettere passione in ciò che fa: vale per le biciclette che sono qua ma vale per tutto…». Sfide e campioni che da Magni a Nencini, Adorni, Dancelli, Mercks, Motta, Saronni, Ballerini sono tutti qui raccontati in una bici, una foto, un cimelio. Che poi non sempre serve solo vincere: «Tutti mi chiedono quante corse ho vinto – spiega Beppe Saronni- In realtà io penso più a quelle che ho perso. Per arrivare a vincere prima bisogna imparare a fare conti con le sconfitte. Perchè è così che si forma il carattere». L’arcivescovo Delpini, accompagnato da don Mario Antonelli, il vicario episcopale coordinatore di Csi e oratori, lascia un messaggio sul grande librone bianco degli ospiti: «Come la storia diventa gloria? La storia diventa gloria perché è scritta con l’umiltà e la sapienza, con il coraggio e la fatica. Con la collaborazione di molti e la fortezza di sostenere anche la solitudine e la sconfitta. Insomma è l’amore che avvolge di gloria la storia. È questo che ho imparato oggi da Ernesto Colnago».