Elbaman, una storia a parte…
Sarà l’isola che è meravigliosa ma non fa sconti, sarà che per anni è stato il primo e l’unico full italiano, sarà che ha una storia tutta sua pensata, scritta e difesa solo con la passione che si può dare alle “creature” dal presidente Marco Scotti, ma l’Elbaman è sempre una sfida a sè. Sfugge al conformismo della narrazione sportiva dei tempi moderni e te ne rendi conto quando parli con chi all’Elba ha già corso e in gerenere torna. Capisci subito che c’è dell’altro, che questa è una gara che scorre sottopelle, sfida nella sfida, spesso un conto in sospeso. C’è sempre il racconto della fatica che tiene insieme tutte le emozioni e che prende i colori di un tuffo in mare all’alba e va avanti per un giorno intero fino a notte quando anche l’ultimo arriva al traguardo. C’è sempre la sensazione che da queste parti tocchi un po’ fare i conti con l’anima più ruvida e meno ruffiana di uno sport che nonostante tutto resta di carta vetrata . Nato nel 2004 come triathlon medio, dal 2005 ha raddoppiato anche se il 70.3 è rimasto ed è sempre lì a disposizione per chi ha qualche dubbio. E pochi giorni fa a toglierseli i dubbi sono stati 720 atleti da 16 nazioni sulle due distanze diverse in un’edizione sold-out dopo quella “saltata” lo scorso anno per la pandemia, in cui hanno dovuto fare i conti con vento e pioggia. E’ finita con Dario Giovine e Annalisa Bertelli primi al traguardo nella distanza più breve rispettivamente in 4ore e 38 minuti e 5 e 49 e con Lorenzo Carbonicini primo nella distanza full in 9 ore e 52 minuti. Tra le donne, unica al traguardo Marta Zanini in 15 ore e 17 minuti. E’ finita comunque in gloria per tutti ma in realtà non finisce mai. Perchè Elbaman per il triathlon è un po’ come l’Eroica per il ciclismo con un sfida che ferma il tempo e che racconta un territorio meglio di una guida turistica. E allora Marina di Campo sembra un po’ Gaiole in Chianti con il percorso di gara che diventa permanenete, segnato e indicato a disposizione di chi in ogni momento dell’anno abbia l’ardire e la voglia di provarci. Elbaman è una storia a parte: anche per questo