Dopo la pandemia la guerra ed una crisi che sta facendo impennare i prezzi di tutto e soprattutto dei carburanti questa è l’estate dei viaggi in bici. Che è  economico, che è salutare, che è più lento e proprio per questo soddisfa la curiosità di chi ama i luoghi fuori dalle rotte e dal caos. Che è sempre pedalare, ma un altro pedalare. Non c’è agonismo ma avventura, non ci sono tempi e watt da misurare ma conta solo arrivare alla meta. La bici è da corsa ma sempre più spesso «gravel» e ora anche a pedalata assistita ma comunque sempre con borse e portabagagli. E’ la nuova moda, la nuova tendenza, un nuovo stile ( più lento) di viaggiare e godersi paesaggi e silenzio. Con un po’ di fatica (molta), con tante strade non ancora all’altezza, con indicazioni spesso approssimative e scarse ma senza l’incubo di ritrovarsi in coda in una autostrada affollata o per un caffè in un autogrill. Più  o meno tutti possono viaggiare in bici. L’importante è non esagerare, essere onesti con se stessi e sulle proprie possibilità ciclistiche, scegliere percorsi  adeguati a capacità e allenamento. Poi si va. Su strade il meno battute possibile che prendono il nome di ciclovie, percorsi mappati e indicati che spesso si intrecciano con vere e proprie ciclabili, che attraversano la Penisola di lungo in largo. Strade «silenziose», abbandonate dal traffico a motore per vie più dritte e veloci. Che poi uno dà un’occhiata alle cifre e capisce che non è una pratica esclusiva da «fissati». Nel nostro Paese sempre più turisti si muovono in bici. Su 27 milioni di turisti in Italia 4,7 sono cicloturisti e su una spesa complessiva di 23 miliardi, 4 arrivano da chi fa vacanze in bici.  Fare turismo in bici esprime i caratteri distintivi della «Low Touch Economy» (sicurezza, salute, distanziamento, corto raggio) ed perfettamente in linea con le esigenze di «nuova normalità» dettate dell’eredità del coronavirus. La vacanza è il viaggio stesso, con il suo scorrere silenzioso e paziente, con le deviazioni inaspettate, con le mappe che spesso si perdono, con le soste impreviste perché si incontra un borgo, una trattoria, uno scorcio che merita una foto. Con il sole, con la pioggia, con gli imprevisti perché capita di forare e di riparare, di sporcarsi le mani di grasso, di dovere fare i conti con qualche bullone che si allenta, di dovere metter mano a brugole e cacciaviti. Negli ultimi anni il nostro Paese si sta adeguando. Sui percorsi ciclabili sono spuntate le prime stazioni di sosta dove è possibile fermarsi, mangiare, riparare e dormire, crescono le offerte dedicate a chi ha voglia di pedalare e molte regioni stanno provando a incentivare un settore che ha grandi potenzialità anche dal punto di vista occupazionale. Così molti hotel diventano Bike hotel, molti agriturismi diventano «amici dei ciclisti», molte strutture puntano sull’accoglienza alle due ruote con una serie di servizi che vanno dall’ospitalità, alle officine, ai punti di lavaggio, alle colazioni e ai menu pensati apposta per chi pedala. Certo, c’è ancora moltissimo da fare,  ma non si tornerà indietro.