Undici giorni di corsa per ricordare gli israeliani uccisi ai Giochi del ’72
Correranno 550 chilometri in 11 giorni. Undici come gli atleti israeliani uccisi il 5 settembre di cinquant’anni fa dai terroristi palestinesi ai Giochi di Monaco. Un’impresa che vedrà protagonisti due runner israeliani per ricordare una delle più grandi tragedie che lo sport abbia vissuto praticamente in diretta in un’ Olimpiade diventata surreale e assurda, incapace di fermarsi davanti all’enormità che stava testimoniando. I due podisti correranno per onorare ogni giorno la memoria degli 11 atleti della nazionale israeliana assasinati: “Poiché sono passati 50 anni dall’omicidio- spiegano- abbiamo deciso di correre da Budapest, in Ungheria, a Monaco, in Germania…”. Cinquant’anni fa, un incubo che non se ne va. E’ 5 settembre del 1972 quando un commando di otto palestinesi di “Settembre nero” fa irruzione, con fucili d’assalto Kalashnikov, bombe a mano ed esplosivi, nelle stanze della delegazione israeliana al villaggio olimpico in Konneley Strasse 5. I Giochi sono in pieno svolgimento. Sono per i tedeschi le Olimpiadi del riscatto che devono cancellare quelle del ’36 organizzate dal regime nazista, un evento di sport e di pace che mostri al mondo che, ventisette anni dopo la fine della seconda guerra mondiale e l’Olocausto, la Germania è finalmente un altro Paese. Quindi poca polizia, poco esercito ma soprattutto niente armi e pochi controlli agli ingressi, tant’è che i terroristi entrano nel villaggio fingendosi atleti e con le armi nelle borse. Alle 4:10 il blitz. Il commando palestinese entra negli alloggi della squadra israeliana: l’allenatore di wrestling Moshe Weinberg e il sollevatore di pesi massimi Yosef Romano reagiscono e vengono assassinati, qualcuno riesce a fuggire mentre altri nove atleti vengono fatti prigionieri e tenuti in ostaggio. Poco dopo la notizia fa il giro del mondo e comincia una trattativa drammatica. I terroristi dell’Olp chiedono il rilascio di 234 loro compagni palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, oltre che di Andreas Baader e Ulrike Meinhof, fondatori della Rote Armee Fraktion, detenuti in Germania occidentale. Chiedono anche la disponibilità di un aereo fuggire in un Paese arabo “amico”. Mentre i governi e i servizi di sicurezza provano a mettere a punto un piano per intervenire, incredibilmente le olimpiadi non si fermano. Ehud Barak, l’ex primo ministro israeliano che guida la Sayeret Matkal, la squadra di intervento ati-terrosrismo israeliana si offre di andare a Monaco per guidare con i suoi uomini un’operazione di salvataggio ma il cancelliere tedesco Willy Brandt rifiuta: la Costituzione tedesca non lo permette. Tocca ai servizi di sicurezza tedeschi intervenire. Ma il piano è improvvisato e non funziona. L’unità di crisi tedesca offre ai terroristi un elicottero per trasportarli con gli ostaggi dal villaggio alla vicina Furstenbrock, una base aerea della Nato, e da lì, con un volo Lufthansa, ci sarebbe la possibilità di decollare per lo stato arabo che hanno chiesto. Ma è una trappola e i “fedayyn” se ne accorgono. E’ la fine. Aprono il fuoco sugli elicotteri, lanciano alcune granate ed uccidono i nove atleti della squadra israeliana. Nel conflitto a fuoco con le forze speciali tedesche rimangono uccisi anche cinque terroristi e un agente tedesco. Tre terroristi vengono catturati vivi. Intanto i Giochi continuano fino e solo alla fine, nello Stadio Olimpico di Monaco, viene organizzata una cerimonia di commemorazione a cui partecipano 80.000 persone e 3.000 atleti. E’ passato mezzo secolo, ma questa storia fa ancora venire la pelle d’oca…