Il prof di matematica che sfida il deserto su una handbike
Nella lingua araba «Athar» significa «lasciare un segno». E ciò la dice lunga sulla molla che ha spinto un professore di matematica che da sei anni ormai, dopo un incidente stradale, convive con una lesione spinale a decidere di attraversare su una handbike la penisola dell’Arabia saudita dal Golfo arabico al mar Rosso. Matteo Parsani, 42anni, bergamasco di Scanzorosciate «espatriato» per insegnare matematica applicata in Arabia al Kaust, King Abdullah University of Sciences and technology, percorrerà ogni giorno 150 chilometri per un mese e dopo 3mila chilometri arriverà al traguardo. «Desidero lasciare un segno positivo – spiega -, promuovere valori come la speranza e l’autodeterminazione e sostenere persone con disabilità fisiche»
Ma «Athar – East to West», così si chiama la spedizione presentata nei giorni scorsi nel Campus Universitario del Politenico a Lecco, è molto di più di una semplice sfida sportiva. Sarà l’occasione per testare sul campo quanto nelle lesioni spinali la riabilitazione possa essere affiancata e migliorata dall’attività sportiva che da anni vede proprio il polo tecnologico dell’ateneo milanese collaborare con il Villa Beretta Rehabilitation Research Innovation Institute in molti progetti. Sarà infatti il dottor Franco Molteni, Direttore Clinico del Centro di Riabilitazione Villa Beretta e dell’istituto di ricerca e innovazione a esso collegato, a monitorare il professor Parsani nella sua sfida, per comprendere a fondo gli effetti di un’attività fisica estrema sul sistema nervoso di una persona con una lesione spinale.
«Quella di Matteo Parsani non è soltanto un’impresa umana ma un’occasione per condividere esperienze utili al progresso scientifico – conferma Molten -. I grandissimi progressi che la tecnologia ci sta mettendo a disposizione, se usati in modo intelligente, aiutano le persone a ricostruire il senso di una vita e dimostrano che la tecnologia ci può rendere più umani». Un vero e proprio esperimento scientifico sul campo che darà riscontri praticamente in tempo reale grazie ovviamente alla tecnologia con strumentazioni «indossate» da Parsani che permetteranno di acquisire segnali elettrocardiografici per misurare il tasso di idratazione e sudorazione durante l’attività fisica. Un elmetto sensorizzato alimentato a pannelli solari misurerà il battito cardiaco, la temperatura corporea e l’idratazione indicando a Parsani quando sarà necessario fermarsi e reidratarsi: «In riabilitazione creiamo connessioni con il cervello e il midollo spinale, ma le connessioni sono anche scientifiche – spiega Molteni -. Matteo indosserà una maglietta con sensori in grado di fornire dati per una valutazione biologica continuativa nel tempo: questo permetterà di avere masse di dati importanti da analizzare».
Parsani e lo staff di 16 persone che lo seguirà nel suo viaggio, partiranno il 17 dicembre. Il via da Damman, poi il deserto fino ad Alula e dopo aver fatto tappa nelle città più importanti dei musulmani, Medina e La Mecca tornerà a nord, a Jedda, prima di giungere al KAUST, dove si concluderà l’impresa. Sarà «ambassador» con questa sua sfida della Regione Lombardia: «Anche per noi questa è una sfida e un’impresa dal valore sportivo e sociale altissimo- spiega il Sottosegretario con delega allo Sport e ai Giovani Lara magoni- É Per questo motivo, è con grande onore che desidero consegnargli la bandiera che sarà per tutto il viaggio il simbolo anche del nostro impegno per l’inclusione».
Un filo di solidarietà che per tutto il viaggio legherà Lombardia ed Arabia per promuovere l’inclusione delle persone diversamente abili nella società araba e raccogliere fondi a supporto delle iniziative legate ad Athar: «Non dobbiamo guardare lontano per vedere qualcuno che sta peggio di noi – spiega Parsani -. Non sono un super eroe ma voglio dimostrare che, se uno dentro di sé ha speranza e determinazione, si possono conquistare traguardi che prima, quando potevo camminare, non mi ero mai posto. Si tratta di riformulare il pensiero e cambiare prospettiva. Quando affrontiamo un momento di incertezza e ci sentiamo bloccati, dovremmo comunque essere grati, anche per le cose che ci sembrano ovvie. Dobbiamo avere fiducia, perché quando una porta si chiude, se ne apriranno altre quattro. E si aprono tutte su un balcone con vista sull’oceano».