Un viaggio epico di oltre 3mila km che non è solo una sfida fisica ma un messaggio di speranza per chi deve fare i conti con le difficoltà quotidiane della disabilità e soprattutto un esperimento scientifico e tecnologico. Matteo Parsani, docente presso la King Abdullah University of Science and Technology (KAUST),  sta attraversando l’Arabia Saudita su una handbike.  Il viaggio continua e continua il suo diario che racconta giorno per giorno un’avvventura di oltre 3mila km che non è solo una sfida fisica ma un messaggio di speranza per chi deve fare i conti con le difficoltà quotidiane della disabilità e soprattutto un esperimento scientifico e tecnologico. Parsani, 42 anni, bergamasco che dal 2017 convive con una lesione midollare a causa di un incidente stradale, è costantemente monitorato da tecnologie all’avanguardia sviluppate da cinque laboratori scientifici del Kaust e i dati biologici raccolti dal Villa Beretta Rehabilitation Research Innovation Institute di Costa Masnaga (LC) permetteranno (grazie anche ad algoritmi di intelligenza artificiale) di valutare gli effetti di un’attività fisica estrema sul sistema nervoso di una persona con una lesione spinale. Nella lingua araba «Athar» significa «lasciare un segno» ed «Athar East to west» ciò vuole significare.

GIORNO 19; CHI ME LO HA FATTO FARE?

Riparto dal Red Sea Global e scendo sulla costa in direzione di Yambu’, con una sosta intermedia. È una giornata fredda, nonostante la vicinanza del mare, ma sto bene e l’umore è buono. Chi me lo ha fatto fare a infilarmi in un’avventura del genere? Ogni tanto me lo chiedo. Il dubbio svanisce quando leggo i messaggi di tanti sconosciuti che mi dicono di vedere in me una fonte di ispirazione. Non ci avevo mai pensato. Io faccio le cose per il piacere di farle. Ma devo ammettere che questo affetto inaspettato mi dà la carica.

 

GIORNO20: INIZIO UNA CURA ANTIBIOTICA

Arrivo a Yambu’, una bella città marittima sulla costa. L’aria del Mar Rosso e la gente, che qui è più calorosa rispetto al resto del Paese, mi fanno sentire a casa. Oggi fa più caldo, ma sto pagando questo su e giù delle temperature. I piedi e le tibie sono martoriate da fiacche e scottature che mi spediscono dritto dal chirurgo per delle medicazioni. Inizio a prendere degli antibiotici. Sono certo che si sistemerà tutto.

 

GIORNO 21: LA META e’ MEDINA, LA CITTA’ SACRA

Riparto verso Medina, una delle città sacre per i musulmani. Per me è una delle tappe più dure: 178 chilometri in una zona montuosa, con continui saliscendi. La fatica è enorme, il caldo asfissiante. Spesso mi ritrovo sul punto di fermarmi e mandare tutto all’aria. Per la prima volta da quando sono partito, inserisco il primo cambio: procedo come una lumaca, a una velocità di 4,5 chilometri all’ora, ma metro dopo metro conquisto l’arrivo. Alla sera le scottature alle gambe sono ancora lì, ma sono così stravolto che passano quasi inosservate.

 

 

GIORNO 22: DEVO DAR TREGUA ALLE MIE BRACCIA

La notte non è mai abbastanza lunga per recuperare. E così parto la mattina prestissimo che mi sento già svuotato. Mi aspettano altri 162 chilometri in direzione della città dove Maometto ha fondato la comunità musulmana. Alterno la handbike al trike, per dare un po’ di tregua alle braccia, ma mi devo fermare più volte per mangiare qualcosa e cercare di recuperare un briciolo di energie. In questi momenti tutto il team si stringe intorno a me. Siamo un gruppo di persone di 7-8 nazionalità diverse, unite da un obiettivo: farmi arrivare alla fine di questo viaggio. Appena arrivato in albergo, il tempo di una doccia e di un pasto frugale, poi crollo.

 

GIORNO 23: LA ZONA VULCANICA

È l’ultimo giorno del mio itinerario verso Medina. Sapere che questa tappa intermedia è sempre più vicina mi dà forza. Pedalo attraversando una zona montuosa di origine vulcanica: un deserto nero punteggiato qua e là di improvvise aree verdissime, regalo del terreno ricco di sali minerali. Arrivo quando il sole è già tramontato e subito mi ritrovo nei tanti racconti ascoltati su questo luogo. È una città diversa da tutte le altre: non ci sono grattacieli e la gente è pacifica. Regna una calma che non ho mai trovato altrove nel Regno.

 

GIORNO 24: L’INCONTRO CON IL PRINCIPE DELLA FAMIGLIA REALE

Finalmente un giorno di riposo. Non credo che avrei retto altre 24 ore sulla strada. Incontro il governatore della Regione, che è un principe della famiglia reale. Si presenta in pompa magna, con tutto il suo seguito: indossano i vestiti tradizionali, le spade, e mi accolgono al ritmo dei balli locali. So che mi stanno riservando un grande onore e cerco di godermi il momento, ma la mente traballa. Alla fatica fisica delle ultime settimane si aggiunge quella mentale. Ma mancano pochi giorni, non posso mollare adesso.