Il Fiandre di sua maestà Vdp e quello di Bettiol, ciclista coraggioso
Nel Fiandre annunciato di Mathieu van der Poel che regola i conti a 45 chilometri da Oudenaarde e poi arriva in solitaria, brilla Luca Mozzato che batte nella volata dei secondi Michael Mattthews e si riporta ad Arzignano in Veneto dalle sue parti un argento che se gliel’avessero detto alla vigilia non ci avrebbe mai creduto. Nessun accenno agli assenti e onore al campione olandese che vince la Ronde con la maglia iridata coma aveva saputo fare solo Peter Sagan. Ed è tutto dire. Sua maestà Van der Poel sui muri del Fiandre negli ultimi cinque anni ha vinto tre volte e due è arrivato secondo e tutti i discorsi finiscono qui. Ma c’è un altro Fiandre che piace raccontare. Quello che si è corso alle spalle del fuoriclasse olandese e che racconta di facce sfinite, di piedi a terra, di zigzag ubriachi su rampe impossibili, di pioggia, di vento e di fango. E il ciclismo allo stato puro, solo qui, solo su queste pietre che fanno traballare i muscoli e l’anima. Si corre con le gambe ma di più si corre col cuore e allora bisogna raccontare anche un altro Fiandre che ha sulla schiena il numero 101 di Alberto Bettiol. Come sempre una corsa senza far calcoli, seguendo l’istinto, seguendo un sogno che per un po’ è rimasto lì a galleggiare ed è svanito ad una decina di metri dal traguardo. Correva per il podio, correva per un Fiandre tutto suo che ha già vinto, che sperava di rivincere, che ha onorato fino all’ultimo respiro, all’ultima stilla di energia. Corre così il capitano della Education Easypost, con il suo talento, la sua tenacia e il suo coraggio. Corre per vincere rischiando di perdere, senza paura di far brutte figure, mettendo in conto le delusioni ma non vuole avere rimpianti. “Sono l’ultimo dei corridori romantici- ha raccontato pochi giorni fa a Cyclingnews– Oggi i giovani ciclisti sono più robotici e scientifici nel modo in cui fanno le cose. Forse hanno perso il lato emotivo delle corse. Corrono solo pensando ai watt e si perdono le emozioni.Io più che per gli allenamenti vivo per le corse…”. E la Ronde è la madre di tutte le corse. Tre anni fa se ne andò sul Paterberg e non lo presero più, oggi ha combattuto dall’inizio alla fine, ha provato a giocarsela, ha provato a salire sul podio ed è andata male. Ma poco cambia nella narrazione di uno sport che sceglie i suoi campioni non solo per le vittorie ma anche per il coraggio che poi, come poche settimane fa nella Milano-Torino, spesso paga. Al di là delle critiche e forse delle invidie perchè se uno il coraggio non ce l’ha non può andarselo a comprare. Ed ecco che allora a fianco del Fiandre annunciato Mathieu van der Poel c’è anche il Fiandre di Alberto Bettiol, ciclista coraggioso che non ha mai paura di perdere…