Roubaix, chicane all’entrata dell’ Arenberg: cambia poco, forse nulla
E anche nel ciclismo ci mancava la chicane, come quelle della Formula Uno. Un ostacolo per rallentare l’ingresso sul pavè nella foresta di Arenberg dove , se si vuole vincere la Roubaix o quantomeno se non si vuole perderla, bisogna sempre entrare davanti, senza tirare i freni, magari sprintando, magari chiudendo gli occhi dopo essersi raccomandati l’anima agli dei del ciclismo intero. Lo ha annunciato organizzazione della Parigi-Roubaix e, come ha spiegato sulle pagine dell’Equipe Thierry Gouvenou, da anni responsabile dei percorsi di ASO, l’idea è quella di rendere il tracciato più tortuoso per rallentare il gruppo e diminuire i pericoli: “Pensiamo a un sistema di chicane come nei circuiti automobilistici” ha detto facendo storcere il naso ai più tradizionalisti e ricevendo però gli applausi del sindacato corridori. Qualcosa cambia. Forse “In bene” se si pensa alla sicurezza di chi va in bici che spesso qui cancella i suoi sogni di gloria ma non è assolutamnete detto perchè, se prima si sprintava per entrare per primi nel pavè, ora si sprinterà per entrare per primi nella chicane e potrebbe anche essere peggio. E qualcosa ovviamente cambia ” in male” se si considera che l’incertezza e il pericolo fanno un po’ parte delle corse, spesso ne sono l’essenza e che il coraggio o la capacità di alzare il limite fanno di un corridore normale un campione. Vale per la Roubaix e il ciclismo ma in realtà vale un po’ per tutti gli sport dalla Formula Uno, al motociclismo, allo sci. Giusto, giustissimo, lavorare per renderli il più sicuri possibile ma il rischio di “anestetizzarli” esiste… Ciò detto qualcosa cambierà anche se poi domenica da Compiègne al mitico velodromo di Roubaix, saranno 259,9 chilometri di “epica battaglia” tra polvere, fango, scivolate, forature e spallate, Saranno 55,7 km di pavé disseminato in 29 tratti nel tracciato di pietre tra i più impegnativi e più lunghi degli ultimi trent’anni. Dal tradizionale segmento all’uscita del villaggio di Troisvilles a Quievy, che con i suoi 3700 metri sarà uno dei settori più lungo di tutta la giornata, seguito dal settore di Viesly Briastre e poi il “cuore” della corsa con la mitica foresta di Arenberg sul Trouée d’Arenberg, dove spesso si infiamma la gara, dove spesso si decide, dove purtroppo spesso finisce. La “chicane” lo renderà più sicuro ma non gli toglierà fascino perchè la Roubaix è l’Arenberg ma anche tante altre cose ancora. Una pietra dopo l’altra, più lontane che vicine, a volte con l’erba in mezzo che rende tutto ancora più complicato tant’è che, Les Amis de Paris-Roubaix, l’associazione di volontari che si occupa della manutenzione nei mesi scorsi ha “assunto” un gregge di caprette che l’erba l’ha praticamente spazzata via meglio di una falciatrice. Ma la distanza tra un cubetto e l’altro resta tant’è che se sbagli a mettere una ruota e ci finisci in mezzo non ne esci più, la bici si imbizzarrisce, va dove vuole e non serve più neanche provare ad aggrapparsi alle leve dei freni, perchè le mani tremano, le braccia pure e ogni gesto, anche il più semplice come fermarsi, diventa inutile. Sembra banale ma, mentre cerchi di capire dove mettere le ruote, continui a chiederti e a ripeterti come si possa finire una gara così, come si possa resistere, provarci, anche solo pensarci. Parigi-Roubaix: chi l’ha fatta spiega che per restare in equilibrio, per non impazzire, per non cadere bisogna avere il coraggio di andar forte, bisogna tirare sui pedali anzichè spingere perchè così la bici tende a sollevarsi come fosse un aliscafo e bisogna aver la fortuna di non bucare. ” Se non cadi e non fori sei adatto per il pavè…” diceva qualche anno fa ai suoi ragazzi il mitico Ds Giancarlo Ferretti. Un “sergente di ferro” che non aveva mezze misure perchè sulla via della Roubaix le mezze misure non esistono. O dentro o fuori, o davanti nei primi cinquanta all’imbocco dell’Arenberg o addio sogni di gloria. E una chicane cambia poco. Forse nulla…