C’è anche Carapaz al Giro: vietato distrarsi
Mai distrarsi con Richard Carapaz. E per conferma basta chiedere a Vincenzo Nibali che sei anni fa dalle parti di Courmayeur lo perse di vista un attimo per controllare Primoz Roglic e se lo ritrovò in rosa per poi provare ad inseguirlo, inutilmente, fino all’Arena di Verona. E così più meno è andata anche oggi, nell’undicesima tappa a Castelnovo nè Monti tra gli appennini toscano romagnoli: il campione ecuadoriano con un lampo se n’è andato quando mancavano poco meno di sei chilometri all’arrivo e non l’hanno preso più. Tappa ma non “maglia” che però resta nel mirino perchè un tipo come lui a 1minuto e 56 con le cronometro alle spalle e le montagne da scalare, resta per tutti “brutto cliente”.. E tanto per essere chiari basta ascoltarlo all’arrivo: “Il Giro è il mio obiettivo principale dallo scorso ottobre- spiega il capitano della EF- Ho lavorato per essere al top e per poter lottare per la generale La vittoria ci dà morale ma non è decisiva. Decisive saranno le tante salite nella terza settimana”.
Richard Carapaz è da sempre un uomo al comando e comunque la sua è una storia vincente. Dal Giro di Svizzera al Giro d’Italia all’ oro olimpico ha già scritto pagine che restano. Un racconto che comincia tanti anni fa quando suo padre, in una discarica del municipio di El Carmelo nel Canton Tulcan, recupera una biciclettina abbastanza malandata. Però gliela rimette in sesto e gliela regala. Da lì è un attimo ritrovarsi a 15 anni a pedalare nella Carchense Panavial-Courage, squadra di dilettanti della Provincia del Carchi, fianco a fianco con speranze e campioni. Ed è un attimo anche cominciare a vincere la Vuelta del Guatemala o il titolo Panamericano Under 23.
Si comincia sempre così. Ma il tempo fila via veloce e sei anni fa, tutto vestito di rosa, Carapaz entra da vincitore nell’Arena di Verona. Il Giro numero 102 è suo. Un trionfo quasi da sconosciuto che arriva dopo una vittoria alla Vuelta a Navarra e un quarto posto nella Vuelta a Castillo y Leon . Poca cosa perchè il Giro e il Giro soprattutto in Ecuador dove il ciclismo è lo sport più seguito, dove per seguire le sue tappe si chiudono uffici e negozi, dove se si escludono il tennista Andres Gomez che nel ’90 a sorpresa vinse il Roland Garros battendo in finale Agassi e il marciatore Jefferson Perez medaglia d’oro (l’unica) nella marcia alle olimpiadi di Atlanta nel ’96, nessuno aveva mai vinto nulla.
Così la vicenda di Carapaz diventa il racconto nazionale, diventano feste, foto, riscatti e sogni che si avverano. Diventa il podio al Tour e diventa soprattutto una medaglia d’oro ai giochi di Tokyo 2020 sulle pendici del monte Fuji che non sarà il Monte Olimpo ma ci assomiglia parecchio. Diventa una fiaba con il lieto fine se si pensa che solo qualche anno fa il campione della Education First non si poteva neppure allenare e si occupava del bestiame della sua famiglia nella fattoria di Carchi. Lo scorso anno l’inizio della sua rinascita si colora di giallo con la prima maglia al Tour per un ciclista ecuadoriano e oggi il lampo che lo porta ad alzare le braccia sul traguardo di Castelnovo. Carapaz è tornato: vietato distrarsi