Ci siamo, nel senso che siamo a Berlino. Meno due alla maratona che da queste parti è davvero un evento. Arrivi in aeroporto e ti rendi conto all’istante di come quarantamila runner siano tanti: basta guardare le scarpe di chi scende dagli aerei per capire che son tutti qui per correre. La città è tappezzata di cartelli con lo sponsor della gara, ci sono transenne un po’ dappertutto e un sacco di gente che sta allestendo ponteggi lungo il percorso. Insomma si lavora per domenica. Poi prendi possesso della tua stanza in hotel e trovi sul tavolino una bottiglia d’acqua e un letterina dello staff che ti augura una grande maratona che tu corra a piedi o con i pattini, perchè domani sui quarantadue km prima corrono gli skater. Certo una ruffianata poco teutonica però fa piacere, ti dà la sensazione piacevole di sentirti un po’ protagonista. C’è il clima del grande evento. I negozi Nike, Puma, Adidas hanno allestito tutti un “corner” con magliette, calzoncini, gadget con il simbolo e i colori della maratona e la stessa cosa hanno fatto i negozietti di abbigliamento che vendono magliettine a 10 euro però un po’ tarocche. Un gran bel business e un gran bel movimento di gente che si muove verso l’ex aeroporto che ospita l’expo della gara e che cammina col naso all’insù per il cemtro perchè questa città è uno spettacolo sul serio e a me, che sono milanese, mi fa sentire anche un po’ provincialotto. Ma tant’è e ogni tanto mettere il naso fuori serve a riportarci un po’ con i piedi per terra. Ma Berlino sono anche gli atleti, i campioni e i campioni che stanno per smettere. Così ti capita di incontrare Stefano Baldini, di stringergli la mano, di farti una chiacchierata, di ringraziarlo per ciò che ci ha regalato in vent’anni e di fargli gli auguri per la sua gara di addio tra poche settimane a Trento. A Berlino non corre, è qui per un’agenzia che segue le maratone. Peccato c’è un pizzico di nostalgia. Ma faccio ancora fatica ad abituarmi all’idea di non vederlo più su una start-line.