Tre giri dell’Idroscalo fanno diciotto chilometri più o meno. Così dicono i cartelli. Duecento, 400, 600metri, le Tribune, un rettilineo infinito, i due ponti, la curvona del Cafè Solaire e poi lo sterrato fino al Cus Milano. Primo giro, secondo e poi terzo perchè oggi va così, c’è tempo e voglia per fissare un piccolo tassellino in vista della maratona d’autunno che potrebbe  essere Dublino. Chi non è di Milano non sa cos’è l’Idroscalo. E forse non lo immagina nemmeno. E’ un posto che in una città dove l’unico interesse sportivo sono Inter e Milan, dove non c’è più neppure un palazzetto dello sport o una pista di ciclismo e dove non esiste una piscina olimpica, davvero non t’aspetti. All’Idroscalo si corre, si fanno canottaggio e canoa, si nuota, i bimbi fanno i camp estivi e  la nazionale azzurra di kayak si prepara per i prossimi mondiali in Ungheria. Sembra un altro mondo, lontanissimo dal codino di Ibra o dai capricci di Snejder o dalla finale cinese della supercoppa che un gruppetto si gode nell salottino dell’Idroscalo Club. Soprattutto in un sabato di agosto quando corri e intorno a te non c’è quasi nessuno. Ti godi un silenzio assoluto rotto solo dal rumore  delle pagaie dei canoisti azzurri e dalle urla del loro allenatore che dà i tempi sui passaggi. Nulla più, quasi una magia. E pensare che c’è gente che  paga per andare a Rimini e non vedere il mare…