<Si calano sulla fronte la cuffia di lana, si fasciano le gambe di calzamaglia nera, fanno partire il cronometro digitale-calcola pulsazioni-contapassi e partono…>. Partono, nel senso che partiamo…noi maratoneti. Tommaso Pellizzari, giornalista del Corriere della Sera ci fa amabilmente a pezzi sul blog <La ventisettesima ora>.  Con la giusta ironia mette in croce la <fastidiosa> moda della maratona e di chi la scopre a 40 anni.   <Fino a poco tempo fa- scrive- ogni donna sapeva che i segni inequivocabili del primo rincretinimento pre-senile del proprio compagno/marito erano fondamentalmente due: l’acquisto di una moto di grossa cilindrata o un improvviso interesse per le under 25. Ultimamente invece impazza il micidiale ultraquarantenne che parla solo di allenamenti, abbigliamento tecnico, soglie di acido lattico e sfide con se stessi…>. E’ la maratona baby…Quando ci arrivi è la fine. Ed ha ragione Pellizzari che si perde il senno, che è un segno inequivocabile di rincoglionimento. Ti entra dentro, ti divora, ti annienta la mente e i muscoli. E la <cotta> delle cotte. Ogni minuto della giornata, ogni pausa, ogni sera prima di addormentarti pensi alla tua maratona. A quella che hai corso e a quella che correrai. Pensi alle tue scarpe, pensi che devi con un cacciavite togliere i sassolini che si sono incastrati nell’intersuola, pensi alle ripetute, alla tua soglia anaerobica. E se un tempo nei tuoi sogni c’erano le cosce sinuose di una mora che avevi intravisto nell’androne dell’Università, ora ci sono  polpacci lucidi di olio canforato dei tuoi avversari nella griglia di partenza. Sono brutte immagini, ma va così. Passano gli anni e ognuno cerca di dare un senso al tempo che scappa, quello sì che va veloce. Chi ce la fa corre, gli altri facciano ciò che meglio credono. Ma senza <rosicare>

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