Il caldo, la corsa e i miraggi
A luglio ha sempre fatto caldo. E lo diceva anche mia nonna tanti anni fa: “Ma se non fa caldo a luglio allora quando?”. Ovvio. Quindi senza, scomodare Minosse o Caronte o chissà quale altra figura mitologica, chi decide di correre in pausa pranzo nei parchi delle città, sa a cosa va incontro. Però oggi al Sempione faceva più caldo del solito. E la conferma che non fosse proprio solo un sensazione è mi è arrivata un paio di ore dopo quando, tornato in redazione, mi sono ritrovato sulla scrivania i rilevamenti effettuati a Milano dalla Coldiretti. Fra le 13.00 e le 15.30, le temperature a livello strada e in pieno centro sono schizzate verso l’alto. Il record è stato in corso Venezia, appena fuori la fermata della metropolitana della stazione Palestro, dove alle 14 sono stati raggiunti i 49,8 gradi centigradi, con l’asfalto quasi gommoso per il caldo. All’inizio di corso Buenos Aires, in Porta Venezia, anche lì appena fuori dalla stazione della metro, alle 13.00 c’erano 47,5 gradi al suolo. Mentre 47 gradi sono stati rilevati alle 14 sul sagrato del Duomo, dove però c’è pietra e non asfalto. Insomma un bel forno. E devo dire che nei 12 chilometri che ho corso con Giorgio al Sempione ce lo siamo ripetuti più e più volte. Un giro, una sosta alla fontana, una lunga bevuta e poi acqua fresca sulla testa e sulle braccia. Ma durava poco, tant’è che dopo qualche minuto si riprendeva nuovamente a boccheggiare. E sembrava quasi di essere nel deserto, come in quei film dove di solito i disperati si è perdono e si trascinano sotto il sole alla ricerca di un’oasi. Con tanto di visioni. Che abbiamo avuto anche noi nelle forme di una bellissima ragazza bionda, alta, allenata, veloce e altera che ci è apparsa improvvisamente davanti due o tre volte e poi è scomparsa. Ma era un miraggio?