A cronometro. Ma il Tour è il Tour e i francesi sono francesi,  così  i 41,5 km da Arc et Senans a Besancon che hanno visto il basettone inglese Bradley Wiggins mettere in fila tutti, diventano una bella corsa contre la montre, contro l’orologio nella città degli orologi. E cambia. Vuoi mettere una corsa a cronometro e una contre la montre? Magia di una lingua elegante e un po’ spocchiosa che i “cugini” si coccolano come le loro tradizioni che rendono ogni cosa più affascinante. Anche se poi non cambia nulla. Ma in qualsiasi modo la si chiami la crono resta la crono. E cioè una delle gare più tecniche e difficili del ciclismo. Qui c’è poco da inventare. Non ci sono scie o strategie. Non c’è tattica nè squadra. Tutti contro tutti ma soprattutto contro se stessi. Perchè distrarsi è un attimo e mollare pure. E invece bisogna restare concentrati sullo sforzo massimo, capire fino a che punto si può continuare ad osare. E per 41 chilometri non è semplice. Anche perchè bisogna spingere, stare corretti in sella, non sbagliare traiettorie, pedalare il più rotondo possibile, risucire a respirare al meglio anche se i polmoni sono compressi perchè si sta con la pancia parallela alla canna. Guardavo la faccia di Cadel Evans, di Vincenzino Nibali dello stesso Wiggins: tutti con lo stesso sguardo perso nel vuoto. Inespressivi, senza una smorfia, quasi assenti. E invece no. Quando stai facendo la tua crono pensi solo a quello. Fissi davanti a te la moto che ti indica dove andare, la riga bianca della mezzeria, cerchi di starci dentro con la tua ruota per non fare strada in più, fissi  i marciapiedi e le transenne. Io nella mia vita di crono ufficiali ne ho corse due. Ricordo solo un’immensa fatica. Ma erano crono, appunto. Se fossero state contre la montre sicuramente sarebbero state una passeggiata. Ca va sans dire…

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