Ci sono cancelli e cancelli ma quando il cancello è una bici non sei messo bene. O almeno così si dice. Te la guardano, danno un’occhiata  a ruote e gruppo, picchiettano con l’unghia dell’indice sul telaio e sputano la sentenza: ” Sarà mica una bici questa…è un cancello”.  Brutta gente i ciclisti: sembra che non osservino, sembrano distratti. Invece notano e annotano. Provate a pedalare su un rettilineo  e a incrociarne uno che viene in senso cntrario. Lo sguardo è come una radiografia. In un secondo ti squadra, memorizza la marca della bici,  il tipo di ruote che hai montato, le scarpe, il casco e via così… Ma torniamo ai cancelli.  Telaio pesante, ruote pesanti, mozzi, cambio e pedivelle pesanti. Tutto pesante. Il “cancello” è la bici degli sfigati, di quelli che pedalano in fondo, che non hanno il budget o semplicemente che se ne fregano. Ci sono goielli da diecimila euro in carbonio e ci sono cancelli che uno si porta appresso dalla notte dei tempi. Bici di famiglia, di papà, di uno zio che correva e non corre più. In un certo senso ci si affeziona. In un certo senso non hanno prezzo. Già perchè la bici non è un attrezzo come tanti. La bici è una lunga emozione di fatiche, di attimi e ricordi. Sono sensazioni, gare e granfondo dove per arrivare alla fine hai sputato l’anima. “Tacche” immaginarie che ognuno si segna un po’ dove vuole e si porta dietro nel suo piccolo curriculum di gloria. Quindi la bici è sacra, fuoriserie o cancello che sia. Un piccolo feticcio che ognuno venera a suo modo. Conosco gente che la tiene in salotto,  nel retro del suo negozio da parrucchiere o in camera da letto. Gente che senza la bici non si muove, caschi il mondo. Gite, vacanze, viaggi di lavoro la bici “va dove vado io…” . Perchè non si sa mai, due ore di tempo possono sempre saltare fuori e una salita da fare in qualche parte del pianeta la trovi di sicuro: meglio non avere rimpianti. Ognuno la bici se la cuce addosso. E succede come  con i cani che piano piano assomigliano sempre di più ai loro padroni. Così ci sono bici discrete, sfrontate, serie, colorate, tristi o allegre. Ma per ognuno la ” sua” bici è la più bella che c’è, come gli “scarrafoni” per le mamme, come i cavalli per i padroni. E adesso qualcuno si azzardi ancora a chiamarle “cancelli”