La Stramanaforno che si corre in agosto nella Marsica dev’essere una gran bella gara. Anzi sicuramente lo è.  Anche perchè la Marsica è un po’ il cuore dell’Italia centrale tra la Valle Peligna e il Parco d’Abruzzo ed è un bel pezzo di terra da vedere. E poi la Stramanaforno, che si corre a Gioia dei Marsi  tutta sul tratto di strada “manaforno” distrutto dal terremoto del 1915, è una classica ormai dal 1985.  Un diecimila da non perdere, insomma. E infatti anche quest’anno erano in parecchi al via.  Ciò detto dopo aver scoperto sul sito del Coni e su quello della rivista Correre che un amatore di una quarantina d’anni è stato trovato positivo al Clenbuterolo dopo un controllo a sopresa dell’ antidoping all’arrivo la domanda viene spontanea: ma come si fa a doparsi per correre la Stramanaforno? Già come si fa? Sinceramente più che meraviglia la notizia fa spavento. Perchè se un podista, che ormai si presume sia nella piena età della ragione, si dopa per correre una tapasciata viene da chiedersi cosa sarebbe disposto a fare se fosse al via di una gara che conta davvero. Ma allora il sospetto è che il problema sia un altro. Non il Clenbuterolo, non l’Epo, non chissà quale altra medicina miracolosa per togliere 10 minuti alle tre ore e mezza in maratona. Sì tre ore e mezzo,  perchè questo è il livello degli atleti di cui si sta parlando. Non il doping quindi. Il problema è la visione malata dello sport con cui molti dei quaranta-cinquantenni di oggi sono cresciuti. Lo sport come agonismo assoluto. Come prestazione assoluta. Come gara da correre alla morte, sempre. Nonostante le regole, nonostante i rischi per la salute, nonostante tutto e nonostante l’età.  Si perchè a cinquant’anni, per allenato e forte che sia, uno  se ne deve fare una ragione.  La stagione è passata. Non finita, per carità  ma se ne deve aprire un’altra. Che deve lasciare il passo allo sport per il gusto dello sport, ai sorrisi, alla sfida ma con un pizzico di goliardia. Non bisogna prendersi troppo sul serio. Due sere fa, finito il lavoro, sono passato a prendere mio figlio che finiva il suo allenamento di triathlon alla Dds di Settimo. Era seduto su una sedia che mi aspettava con il borsone tra i piedi, i capelli ancora bagnati di doccia e l’aria distrutta però serena. E così anche i suoi compagni di squadra. Uno spettacolo vederli. La prova provata che lo sport è una bella “medicina” per far crescere con qualche menata in meno gli adolescenti. Lo guardavo e mi e venuto normale fare due più due. A cinquant’anni ( i miei) gli atleti sono loro. E il doping è solo un’utopia…