All’aeroporto internazionale di El Alto, in Bolivia, gli aerei stanno sospesi. Difficile credere che un boeing atterri davvero se posa i suoi carrelli su una pista  che sta a 4mila metridi altezza. Ma le Ande sono così, vicinissime al cielo. Un altro mondo. Un mondo che fa storia a sè come le sue donne, le “cholitas”  che  ancora oggi  usano abiti e pettinature un tempo imposti dai conquistadores. Venivano chiamate sprezzantemente così perchè erano il frutto dell’unioni tra coloni e indigene  ma ora  sono  uno dei simboli  orgogliosi del riscatto femminile in un Paese che  vanta il triste primato del più alto tasso di violenza fisica contro le donne nel Sudamerica. Sono loro il simbolo della lotta ai soprusi,  alla discriminazione, alle diseguaglianza. La prova delle conquiste di questi ultimi anni. Anche nello sport. E così nei giorni scorsi una ventina di  indigene boliviane sono salite in sella alle loro mountain bike per partecipare a una gara ciclistica a El Alto, la quarta edizione della “Cholita Bike Race”. Vestite con gli abiti tipici,  pettinate come sempre si sono date battaglia a suon di pedalate per aggiudicarsi un trofeo, un telefono cellulare e del cibo in scatola. Dieci chilometri per le vie della città  a 4 mila metri d’altezza con le Ande intorno di per sè sono già una bella sfida  e la prima a tagliare il traguardo, in 40 minuti, è stata Viviana Apaza.  E questa è la cronaca. Ma è chiaro che in un Paese dove si dice che poco è peggio di essere donna, povera e indigena  questa non era solo una gara di moutainbike….