imagePassava un treno di qui. Rami secchi si dice oggi dove tutto ha un prezzo e soprattutto un costo. Chissà in quante altre parti d’Italia passavano treni che oggi non ci sono più, non arrancano più, non sferragliano più. Oggi i treni si chiamano Frecce, hanno nomi veloci e viaggiano veloci. Così veloci che non ti danno più neppure la possibilità di guardar fuori, di capire dove sei o che pezzo di Italia stai attraversando. Ma poco importa, tanto non si chiacchiera neanche più , si continua a lavorare, siamo tutti connessi. Passava un treno anche sulla vecchia ferrovia che da Spoleto andava fino a Norcia.  Prima forse a gasolio, una vecchia littorina, poi su una linea elettrificata.  Salite, discese, viadotti, gallerie, piccole stazioni, passaggi a livello. Il treno non c’è più ma tutto il resto si’  e oggi è  un piccolo paradiso da godere in bici.  La ciclabile che taglia in due un pezzetto di Umbria e, ‘ per chi ama sentire scrocchiare la breccia sotto le ruote , un’esperienza che gratifica i sensi.  Non solo. E anche la  prova che , quando si vuole, anche nel nostro Paese si riesce ciò che neppure si immagina. Così una cinquantina di chilometri di vecchia ferrovia diventano  la pista ciclabile dei sogni. Si sale lentamente, senza fretta e senza sentir rumori se non il grugnire di qualche cinghiale, si  sale in un continuo susseguirsi di viadotti e vecchie gallerie, tirate a lucido e rimesse in sicurezza su una strada di ghiaia bianca battuta e accompagnata da una elegante staccionata di legno. E’ Umbria ma potrebbe essere Austria, Tirolo, Dolomiti. E non c’è nulla da invidiare perché questa e’ terra di arte, storia e  tradizione oltre che di paesaggi che ti lasciano a bocca aperta. E allora si pedala guardandosi intorno, attraversando una natura intatta e meravigliandosi al solo pensiero che sui quei viadotti così alti e in quelle gallerie così buie i e così strette anni fa potessero passare i treni. Ci si meraviglia per il silenzio che unito alla fatica ne fa quasi un luogo di meditazione.  E ci si meraviglia per il freddo intenso quando si entra in quei cunicoli che, con il caldo torrido di questi giorni, e’ quasi un premio. Centinaia di metri, anche qualche chilometro, con la luce che ti sparisce lentamente alle spalle e che lascia spazio al bagliore delle lampadine indispensabili per andare avanti. C’è stupore e anche un po’ d’ansia. Poi ci si abitua e si prende ‘ coraggio fino a pedalare per qualche metro nel buio più completo per vedere l’effetto che fa. E la magia e’ compiuta.

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