600PX-adamello-ultra-trail-edizione-zero-2014-foto-archivio-Adamello-Ultra-TrailPari.  Dopo 180 chilometri, un dislivello di 9500 metri e oltre 26 ore di gara l’altoatesino di Egna Jimmy Pellegrini e il bergamasco di Valgandino, Oliviero Bosatelli, tagliano insieme il traguardo in Piazza IV Luglio a Vezza D’Oglio. Niente volata. Non ce n’è bisogno, può bastare.  L’ Adamello Ultra Trail finisce così. Ed è un finale che spiega tante cose. Che spiega che differenza c’è tra un trail, una corsa, una maratona. E’ un altro mondo il trail.  E non è solo un fatto di scarpe. Un mondo che guarda all’insù, che conosce la fatica, che si arrampica dove neppure si immagina. Un mondo che corre di notte, che dorme (poco) dove capita e che profuma di zuppe calde offerte nei rifugi. Un mondo in solitaria, autosufficiente, dove i chilometri non sono tutti uguali e spesso inifiniti, dove le discese sono più dure delle salite e dove il tempo che conta di più è quello scandito dal viaggiare delle nuvole che in alta montagna fanno davvero paura. Domenica in Valcamonica la sfida era di centottanta chilometri da Ponte di Legno a Vezza d’Oglio passando da Temù, Vione,  Monno, Incudine, Edolo e Vermiglio . Centottanta chilometri tra i Parchi naturali dell’Adamello e dello Stelvio proprio nel periodo più bello, quello dove la luce della montagna è più chiara e quando i cervi vanno in amore. Centottanta chilometri tra le trincee della Grande guerra, la Guerra bianca che su queste cime si contendeva i confini tra l’Italia e l’Impero Austro-ungarico. Tra strade militari, fortezze, villaggi che testimoniano il passato della «Muraglia Camuna» che serpeggia per chilometri tra rocce e cielo dalla Bocchetta di Valmassa al villaggio alpino di Montozzo, dai forti Mero e Zaccarana alla Città morta. Una corsa  attraverso un pezzo ancora vivo della nostra storia, che i nostri nonni e trisnonni ci hanno lasciato in eredità, testamento di una lunga battaglia conservata nei Musei della Guerra Bianca di Temù e di Vermiglio. Quasi un viaggio.  Per gente tosta, per esperti di questa disciplina che in tutti i sensi è una disciplina. E  non c’era solo la 180 chilometri,  ma anche una 70 che ha visto arrivare primo al traguardo Franco Collè e anche una 30. Per la prima volta una “Trenta Trail”, organizzata da quel mito della maratona che è il prfessor Gabriele Rosa,  che è un’altra cosa ancora. Che magari farà un po’ storcere il naso ai duri e puri del trail ma che ha portato al via quasi 300 persone su un tracciato con un dislivello di 550 metri,  più che sufficienti per capire che la differenza c’è. Che queste sono corse e mondi a parte. Dove il tempo vola via, dove salite e sterrati ti lasciano senza fiato, dove si può (e a volte si deve) anche camminare e dove il silenzio e lo spettacolo di ciò che ti sta attorno diventano un fantastico anestetico alla fatica.  Che i muscoli non dimenticano ma che ha un sapore tutto diverso….

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