frC’è molto Chris Froome in questo suo Tour De France. Più del solito, più delle altre due volte. Scorrono le immagini dell’ultima tappa sui Campi Elisi, con le maglie che sfilano nell immancabile passerella, e riavvolgendo il nastro ciò che resta sono soprattutto le immagini dell’inglese keniano che vola a 90 all’ora in discesa, che cade in salita e prova ad andare al traguardo di corsa, che cade ancora, stringe i denti, resiste sulle Alpi e alla fine  tagliando il traguardo ringrazia con una carezza sulla spalla uno degli scudieri del suo squadrone. Gli altri tutti comprimari. Tutti dietro e nell’ombra a parte qualche lampo di Peter Sagan, che però è un pianeta a parte.  Quintana, Porte, Valverde ciò che doveva essere e non è stato e , anche se con vite sportive ed età diverse, chissà se saranno mai. Fabio Aru, che ieri in salita ha preso la prima vera batosta della sua vita che gli servirà a capire che la strada è ancora lunga e che i titoli dei giornali che lo mettevano tra i favoriti forse bisogna solo leggerli e dimenticarli. Vincenzo Nibali, discorso a parte, perchè è la prova vivente di cosa sia diventato il ciclismo, dove la legge degli sponsor e del business macina tutto. Uno come lui al Tour non ci doveva neanche andare. Perchè uno che ha vinto tutte le grandi corse a tappe, che ha appena vino il Giro, che a Rio andrà per giocarsi la medaglia ha il dovere di andare a correre il Tour de France per onorare corsa e tifosi. Non solo i contratti. Resta Froome quindi. Resta con una vittoria netta, meritata, conquistata con i denti e con la classe a prescindere dallo squadrone, dalla paranoica organizzazione  del  team Sky, dalle nove lavatrici al seguito, dalle diete strapersonalizzate, dagli psicologici, dagli ionizzatori nelle stanze, dai cuscini che ogni notte sono gli stessi anche se cambiano gli alberghi, dai rulli prima e dopo, dai bus asettici e dal gel disinfettante dato agli ospiti che si avvicinano ai corridori. Vince Froome anche se in pratica corre e vince solo il Tour, anche se non è simpatico e fa poco o ninte per esserlo, anche se in tanti (troppi) un po’ per invidia un po’ per sentito dire sospettano e alimentano i sospetti. Invece, in un Tour di comprimari, Froome  è l’unico valore aggiunto. Fino a prova contraria dicono i suoi nemici. Può darsi, ma intanto Froome ha vinto. E allora  viva Froome.