simoMichele Ferrarin medaglia d’argento nel paratriathlon con il tempo di 1h12’30”, dietro solo al britannicoAndrew Lewis e Giovanni Achenza bronzo nella categoria PT1 sono un risultato fantastico. Anche se nel quasi silenzio della stampa italiana. Sono un risultato non casuale, fatto di sacrifici, di passione, di talento e di programmazione perchè il lavoro di un dirttore tecnico come Simone Biava e di chi lavora con lui evidentemente paga. Parliamo di sport ma è chiaro che le imprese di questi atleti sono anche un messaggio di speranza. Un messaggio che vola alto e non riguarda solo il triathlon ma tutto o sport e forse ancora di più. E che non viene dal cielo ma dall’esperienza più che mai terrena di Luca Pancalli, Presidente nazionale del Comitato Italiano Paralimpico, pentatleta che nell’1981 cadendo in gara da cavallo ha perso l’uso delle gambe per una frattura delle vertebre cervicali. E stato il paratleta più medagliato dell’era moderna e poi uno dei nostri migliori dirigenti sportivi. Averne così. E’ tra promotori della Città dello sport paralimpico un impianto modello a Roma dedicato ai disabili e pochi anni fa è stato insignito dal Comitato internazionale Paralimpico del ” Paralympic Order” , il massimo ed esclusivo riconoscimento per chi nella vita si sia particolarmente prodigato per lo sviluppo del movimento. Si potrebbe continuare, ma non serve. A gennaio quando era intervenuto al Galà del Triathlon aveva sorpreso un po’ tutti salendo sul palco: “Siete una grande famiglia e si vede- aveva detto alla platea- ma l’unica medaglia mondiale che avete è quella paralimpica di Michele Ferrarin…”. Qualcosa vuol dire. Qualcosa significa. Ed ora il discorso diventa olimpico e a Ferrarin si aggiunge anche Achenza. Lo sport paralimpico è uno sport dove gli atleti fanno cose fantastiche a prescindere e non perchè hanno amputatazioni o altre limitazioni. Compiono gesti eccezionali che in realtà sono molto di più. Sono il segnale a tutte quelle persone che soffrono negli ospedali, che hanno perso l’uso degli arti o che hanno subito una amputazione che la vita non è finita lì. Che continua. Che si può ricominciare e che ci si può tornare a divertire….” Ma sono anche il segnale che nella vita di tutti i giorni c’è ancora molto da fare. Nelle strade, nelle metropolitane, negli uffici pubblici, negli impianti sportivi e anche nella scuole. Perchè a parole siamo tutti bravi poi però a Milano capita che una bimba su costretta dalla Sla su una carrozzina venga messa in un angolo del corridoio nell’intervallo con la racomandazione fatta dalla sua prof a non nuoversi di lì per non far male a qualcuno. E allora si torna al’inizio. A Ferrarin e ad Achenza che colorano di azzurro Rio e che si spera riescano a colorare una po’ anche il nostro Paese. E’ una bella responsabilità, forse troppa. Ma i campioni non hanno paura…