Giro_d_Italia.svgE’ un Giro sempre meno d’Italia. Il minimo indispensabile. Perchè il Giro del Centenario  fa i suoi conti e i conti sono business. Tra le wild card, ovvero tra le squadre invitate, ci sono solo due team italiani, la Bardiani Csf che si è  conquistata l’invito vincendo la Coppa Italia come nei patti con la Federazione  e la Wilier Triestina. Restano invece a casa la Nippo Fantini De Rosa e l’Androni giocattoli.  In gruppo al loro posto ci saranno  la Ccc Sprandi Polkowice  e la Gazprom Rusvelo: la squadra polacca  perchè nel 2018 la  corsa rosa potrebbe partire da Varsavia per ricordare i 40 anni dall’elezione di Carol Wojtyla, quella russa “garantita” dall’intervento di due sponsor pesanti.  Così i conti tornano, in un ciclismo che oggi deve necessariamente farli perchè sarebbe ingenuo pensare di sottrarlo alle leggi del business. Ciò detto la polemica c’è tutta.  In Francia, al Tour, dove il business è più business che da noi, l’assegnazione delle wild card  segue la logica ferrea dello sciovinismo transalpino, lo stesso che (“cascasse il mondo”) fissa l’arrivo dell’ultima tappa sui Campi Elisi a Parigi  a prescindere da qualsiasi trattativa politica ed economica con le amministrazioni di altre città. Non solo. La vetrina del Giro per le poche squadre italiane rimaste è l’unica ragione di vita, la sola che giustifichi gli investimenti economici di sempre più rari magnati appassionati del pedale e la sola in grado di convincere gli sponsor in fuga dal ciclismo a non andarsene del tutto. E infatti Androni e Nippo Fantini non l’hanno presa benissimo. Mario Androni ha già annunciato che a fine stagione lascerà il ciclismo e  la Nippo Fantini potrebbe fare la stessa. “Abbiamo provato a cambiare questo sport portandoci delle regole  che potevano creargli un futuro- ricorda  Valentino Sciotti, patron della Nippo Fantini- Ma forse è più importante vincere che, valutare come lo si fa! Mi dispiace non baratto il mio essere con nessun privilegio, piuttosto lascio un mondo che ho amato e che ho scoperto essere diverso da quello che pensavo…”. Sciotti , in una lettera elenca tutti i motivi per cui si aspettava di ricevere una wild card dagli organizzatori di Rcs: “Eravamo all’altezza. Abbiamo in squadra un recente campione italiano, il colombiano che nell’ultima edizione ha vinto la maglia degli scalatori, ci siamo dati un codice etico, siamo l’unico team al mondo che obbliga i propri ciclisti a pubblicare i dati del loro passaporto biologico, non abbiamo mai avuto corridori squalificati, indagati o multati e abbiamo demandato la gestione medica dei nostri atleti ad una Università che effettua controlli costanti…” Per il ciclismo azzurro non è un momento felice,  dopo l’emigrazione forzata della Lampre nel regno degli emiri e quella di Nibali nel Barhein non c’è più una formazione World Tour, la serie A.  Il Giro, il Giro del Centenario, era l’occasione per metter in vetrina ciò che restava, per far brillare l’argenteria di quelle  squadre italiane che ormai pedalano in retrovia. Ma  “business is business” e non si fanno sconti.

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