treniSi parte da Macerata. O forse è meglio dire si riparte, perché da queste parti purtroppo ora i verbi si coniugano così. Vale per tutto anche per treni e ferrovie dimenticate su cui però, com’era successo anni fa all’Aquila dopo il sisma, viaggiano aiuti e soccorsi della Protezione civile. Rami secchi per modo di dire. Rami secchi che però arrivano quasi ovunque e che in questi ultimi anni rivivono con una vocazione turistica che trasporta persone e risorse. Treni di una volta, littorine a gasolio che si avventurano nel bel mezzo dell’Italia e fanno rivivere paesi, borghi, valli e montagne. È il viaggio lento che però è il tempo giusto per conoscere, per tornare a meravigliarsi e a riannodare una cultura e una storia popolare che sui binari può essere riscoperta. Via alla decima edizione della «Giornata delle Ferrovie NON Dimenticate». Una sfida, con un ricco calendario di iniziative in programma da domenica scorsa  fino al 9 aprile, lanciata da Co.Mo.Do. (la Confederazione della Mobilità Dolce) con la missione di censire, salvaguardare e valorizzare le linee ferroviarie in esercizio o i treni turistici. Un’idea lungimirante che ha visto poco tempo fa una legge approvata alla Camera per lo sviluppo delle Ferrovie Turistiche e di cui ora è attesa l’approvazione al Senato. «Nell’anno dedicato dalle Nazioni Unite al Turismo sostenibile e ai Piccoli Borghi, mentre le istituzioni sono chiamate a prendere decisioni strategiche per la ricostruzione di tanti comuni devastati e per riportare sul territorio occasioni di lavoro altrimenti perdute – afferma Massimo Bottini, presidente di Co.Mo.Do. – è necessario guardare non solo alla ricucitura della maglia stradale ma a tutte le forme di mobilità rispettose dell’ambiente, a partire dalle ferrovie». Una spina dorsale in grado di tenere insieme un Paese che, attraversato dalla arterie veloci, rischia di passare inosservato. E invece sulle 18 linee turistiche e sulle tante altre presenti in tutta Italia, si fanno i viaggi «delle meraviglie» lungo le tratte storiche, tra vecchie stazioni abbandonate organizzati da Legambiente e Italia Nostra, insieme alla Fiab, la federazione amici della bici, in una intermodalità turistica che però potrebbe anche tornare ad essere di uso quotidiano. “Il paradosso della mobilità oggi – spiega Giulietta Pagliaccio, presidente Fiab– è che ci si mettono tre ore  ore da Roma a Milano e ce ne vogliono due per venire al lavoro a Milano dalla periferia. C’è una rete di strade e di ferrovie che risistemata anche con poche spese si potrebbe sviluppare nell’uso quotidiano e nell’uso turistico che porterebbe persone e risorse in luoghi di questo Paese che i tour operatori neppure nominano…”. Treni e bici per scoprire piccoli angoli di paradiso, tradizioni, cultura un viaggiare lento e fuori dalle rotte. Treni promossi dall’Associazione ferrovie museali come quello sulla linea Sulmona-Carpinone, la cosiddetta «Transiberiana d’Italia», una delle linee più alte e spettacolari d’Europa. O come quello che viaggia sulla Noto-Pachino, la «Ferrovia del Vino», perché utilizzata per la spedizione viti-vinicola verso il Nord-Italia e la Francia. Dal Treno Barocco, allestito con rotabili storici, alla Pontremolese lungo la via Francigena, al treno della Sila, alla Valmorea, al treno della Magna Grecia alla riscoperta dei siti archeologici da Crotone a Sibari, lungo i binari della storica linea ferroviaria che dal 1875 lambiscono il mar Jonio (l’elenco completo è disponibile su www.mobilitadolce.net. Il mese della Mobilità Dolce si chiuderà in Friuli, duramente segnato dal devastante terremoto nel 1976, simbolo della «ricostruzione possibile», dove l’amministrazione regionale ha recentemente deciso di riattivare la ferrovia Pedemontana Sacile-Gemona, interrotta alcuni anni fa da una frana e di cui si temeva il definitivo abbandono. La riapertura riguarderà sia il servizio di pendolari e studenti, segnatamente nei giorni feriali, sia i treni turistici, soprattutto nel fine settimana. «Da rami secchi le ferrovie dismesse, sospese o abbandonate possono trasformarsi in modello di vita e trasporto quotidiano- spiega Marco Parini, presidente di Italia Nostra-, ma anche in opportunità economica di sviluppo occupazionale e territoriale. Svizzera e Alto Adige sono un esempio. Sulla rete ferroviaria dismessa al pubblico hanno investito i privati. Ed è stata una scommessa vinta».

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