unnamed (8)A Carlo ma forse anche a Luca, Enzo, Paolo… non  sono bastate 12 ore. A pedalare al buio, sotto l’acqua, sull’asfalto viscido delle chicane nell’Autodromo di Monza che è un niente volar via.  A far la coda nei bagni con le maglie bagnate ad asciugare sotto i phon, a bere caffè alle tre di notte come se fosse normale, a cercare di dormire sui materassi nei box della pitline a scrutare il cielo scuro in una notte gonfia di pioggia, a stropicciarsi gli occhi, a controllare  e ricontrollare l’orologio in attesa del turno per entrare in pista.  Non basta mai. C’è un ciclista “ignorante” in ognuno di noi. Piccolo, grande, inaspettato e indecente che viene fuori quando meno te l’aspetti. E’ lì, magari se ne sta buono, dormiente per una vita poi all’improvviso ti chiude la vena. Anche all’ultimo giro di una 12 ore sull’autodromo di Monza alle 8 e mezzo di un mattino sotto un diluvio che speravi arrivasse dopo, come ti aveva illuso il meteo che non sbaglia mai finchè non sbaglia. E sbaglia sempre quando non dovrebbe. Diluvia e fai fatica a tener lo sguardo sulla lucina rossa del tipo che hai davanti perchè la sua ruota ti schizza dritto sugli occhiali frustate di acqua fredda che neanche il getto di una doccia. Diluvia e hai l’adrenalina a mille perchè sai perfettamente che le tue ruote in carbonio se ti toccherà di frenare all’improvviso non ne vorranno nemmeno sapere di fermarsi. Diluvia e a 55 anni con un lavoro che tra poche ore ti aspetta e una famiglia numerosa sulle spalle, sai che dovresti essere da tutt’altra parte, altro che notti insonni e giri di pista su giri di pista come un criceto alla ricerca di emozioni forti. Diluvia e stringi più forte il manubrio, tieni appoggiati gli indici alle levette dei freni sperando che a qualcosa serva e ti guardi intorno. E’ quasi un tic. Davanti, a destra, a sinistra, ancora davanti e ancora a destra e a sinistra. Cercando di mantenere le posizioni, di mantenere intatti quei venti dieci centimetri che ti separano dalle ruote, dai pedali, dalle spalle degli altri. Cercando di restare immobile anche se la velocità aumenta e ti senti sempre più precario. E un piccolo equilibrismo da virtuosi, quasi un’arte . Ma non c’è premio, non c’è motivo, non c’è logica. Sai benissimo che non ti serve a nulla star lì in mezzo, che non sei lì per vincere, che è un rischio inutile, che non cambierebbe nulla, ma proprio nulla,  se  da un secondo all’altro decidessi di salutare la bella compagnia e continuare da solo. Certo, più adagio ma chissenefrega, tanto è l’ultimo giro. Gli ultimi chilometri di una lunga notte dove tutto è già successo, scritto, deciso. Di una notte già appassionatamente vissuta, con la gioia, con gli amici, con la stanchezza e con la fatica. Con i boati per i gol della finale di Champions. Con la convinzione di aver comunque fatto la tua impresa che non si misura in un tempo, in una posizione nel numero dei giri. E allora tutti quelli che sono con te in questo gruppetto di retrovia, che stanno pedalando sotto l’acqua e  che dopo l’ultima curva di Lesmo tra pochi secondi  riporteranno finalmente la bici ai box hanno vinto la loro sfida. Stravinto. Non serve altro. Ma c’è un “ciclista ignorante” in ognuno di noi. Che vuole strafare, che non si accontenta. E’ il bello e il brutto. Forse il bello. C’è un ciclista ignorante che ti porta a incrociare lo sguardo dell’amico che hai in fianco e in un secondo ad incrociare lame,  pedivelle, tutto. Anche l’ultimo neurone che è rimasto vigile: “Fai la volata?”. Non ha senso far la volata. Non ha senso perchè siamo gli ultimi,  perchè in due abbiamo più di un secolo, perchè è una notte che pedaliamo, perchè nel gruppetto di trenta in cui siamo accartocciati potrebbero esserci i nostri nipoti anche  i nostri figli  e dovremmo dar l’esempio. Buono, ovviamente.  Perchè, perchè e mille altri perchè. Così direbbe il buonsenso. Esatto, direbbe… Ma la scintilla è un attino, brucia ogni ragione. Giù un paio di rapporti, via dalla scia, via a cercare di mettere un pezzetto di ruota davanti, via… Non sono bastate 12 ore. Forse non bastano mai. Ma credo che sia un buon segno…

(FOTO: HLM PHOTO)