roc2roc1roc3Si è corsa nei giorni scorsi la 47^ edizione e il Trail delle due Rocche . Gara classica che sembra non accusare i segni dell’età. Anzi, quest’anno è record: 6.480 podisti sguinzagliati su per i colli della Marca Trevigiana sono davvero un bel traguardo. Qual è il suo segreto? Forse l’ampissimo ventaglio di chilometraggio:  si va dai 6 km, per bimbi, famiglie e tranquille coppiette in corsa-passeggiata, agli agguerritissimi lunghisti duri e puri che affrontano la 48 km in semi autosufficienza, con tanto di materiale obbligatorio, di quello che fa capire che non si scherza: fischietto, in caso ci si perdesse, telo termico, per maltempo, e bicchiere, per il rispetto della natura evitando così sprechi lungo il percorso. Comunque sia una bella avventura come racconta Silvana Lattanzio, giornalista di Triatlete che si è messa un pettorale e l’ha corsa…

Io sono stata nel mezzo, a dire il vero un po’ meno del mezzo: ho fatto la 12 km, in ripresa/test dopo un periodo di stop imposto da una brutta caduta sulla mia caviglia quando, appesa a una trave con un solo braccio, non ho retto il peso del mio corpo. Che ci facevo appesa lassù? E’ una bella domanda, me lo chiedo anch’io, comunque ero alla presentazione della Inferno Run che, già dal nome, qualche indicazione doveva darmela. Ma questa è un’altra storia. Torniamo al nostro trail. E così ho corso per sentieri e mulattiere dentro e fuori dal bosco, camminando nelle salite e andando a precipizio nelle discese. E ora le mie gambe lo sentono, faccio finta di niente ma sono dolenti. Altre alternative: il percorso storico della 14 km, che parte da Asolo (con servizio pullman, dato che tutte le altre distanze partono e arrivano a Cornuda), fa ammirare la Rocca Monumentale di Asolo, fino ad arrivare al Santuario della Madonna della Rocca di Cornuda; da qui l’origine del suo nome (le due rocche). E poi c’è la mezza, i 21 km, anche questi come gli altri tutti nel wild, tutti con saliscendi spezza gambe. Questa distanza l’ha corsa mia figlia Bianca, giovane e atletica eppure anche lei arrivata sulla finish line affaticata. Al successivo ricco pasta party, chiacchierando e ridendo con me, mi ha confessato che quando a testa bassa affrontava le salite, con il sudore che le bruciava gli occhi, si chiedeva perché, il perché fosse lì a soffrire. Nella gioia liberatoria dell’arrivo ha trovato la risposta. Torniamo ai motivi di successo di questa competizione, diventata ormai un classico nel mondo trail. Forse la non rigidità nel numero chiuso, tutti sono accolti e ben accetti e, a parte i primi 2 km della 12, quando finalmente il bivio per chi fa la 6 screma un buon numero di runner, grandi intralci sul percorso non ci sono, un po’ perché sono tanti e diversi i tracciati e un po’ perché, quando si intersecano, la buona regola è: tenere la destra per chi vuol camminare e la sinistra per chi vuol correre. Quando sono stanca, infatti, metto la freccia a destra e accosto rallentando; vedo di fianco a me sfrecciare i lunghisti come se non avessero tutti quei km già fatti nelle gambe. Li riconosci anche ai ristori: sono più famelici, più trafelati, più di fretta di tutti noi tapascioni che riprendiamo fiato gustandoci il panorama. Per la cronaca: i vincitori della 48 sono Isabella Lucchini, col crono di 5:06’33” (chapeau) e, 1° e 2°, i gemelli Roberto e Italo Cassol, con 4:10’05” e 4:18’33”.