Salute, sport e  felicità possono diventare una fissazione. Si chiama “Sindrome del benessere” e, già dal nome, si capisce che non è  qualcosa da augurare a qualcuno. Il risultato è il contrario di ciò che  dovrebbe essere e cioè  l’ossessione per lo sport. Che anzichè far bene e dar serenità provocherebbe ansia e depressione.  Insomma una brutta malattia. E ciò che succede quando lo sport, sia esso il semplice fitness, sia l’attività agonistica più esasperata, diventa l’unica ragione di vita. Ed è ciò che raccontano i ricercatori della Cass Business School  dell’UNiversità di Londra in uno studio intitolato appunto The Wellness Syndrome (La sindrome del benessere):  “Questa fissazione per la salute e la felicità spesso produce l’effetto contrario- spiega il professor Andre Spicer della Cass Business School-  L’ossessione per il benessere individuale, di fatto rende alcune persone più ansiose, le fa sentire in colpa, depresse e, sostanzialmente, infelici, sia a livello fisico che mentale. Tendiamo a pensare che una persona sana e felice sia moralmente una buona persona, mentre chi non è in salute ed è infelice rappresenta un fallimento dal punto di vista morale”.  Nel libro vengono raccontate un serie di storie  in cui la ricerca della salute e della felicità porta a conseguenze estreme.  E i ricercatori sostengono anche la tesi, un po’ complottistica, in verità, che i tentativi dei governi di controllare la salute e gli stati d’animo delle persone siano oggi seguiti e suggeriti dalle grandi aziende.  Gli esempi sono diversi. Quello di una casa automobilistica svedese che richiede ai propri dipendenti che conducono stili di vita poco sani di trascorrere diverse ore alla settimana in sessioni di formazione tenute dall’azienda in materia di salute e forma fisica.  Nel Regno Unito, una nuova iniziativa nel settore del fitness propone ai lavoratori della City dei party mattutini salutisti. Un ente locale danese invia le persone sovrappeso in località balneari dove vengono incoraggiate a ritrovare la loro forza di volontà.  Negli Stati Uniti, agli studenti di oltre 20 università viene richiesto di firmare dei “contratti sul benessere” prima di poter vivere in una particolare residenza universitaria.  E il professor Spicer sostiene che la nostra ossessione per il benessere abbia già iniziato ad avere un effetto contrario. “Gruppi sempre più estesi di persone si sentono discriminate da questa ossessione per la salute e la felicità. Hanno iniziato a formare delle piccole sotto-culture che incitano a vivere secondo un stile di vita poco sano. Pensiamo ad esempio al movimento fat pride, che celebra il corpo in sovrappeso”.  Tesi, sicuramente affascinanti e sicuramente documentate. Tesi che però arrivano a sostenere che il passo da atleta a paziente sia più breve di quanto si pensi. Può essere ma  pare un po’ la logica degli estremi. Che poi è come dire che chi studia troppo “rincoglionisce”, chi mangia troppo diventa obeso, chi beve troppo rischia la cirrosi. Chiaro, può finire così quando si esagera ma in genere basta un po’ di buonsenso per mettersi al riparo da brutte soprese. “Est modus in rebus”…