fontNel triathlon si nuota, si va in bici e alla fine si corre e Daniel Fontana, nato 43 anni fa nella Patagonia Argentina ma poi naturalizzato italiano, fa tutto molto bene. Talmente bene che è l’unico azzurro ad aver fatto due olimpiadi a Pechino ed Atene, ad aver vinto tre Ironman e l’unico ad essersi qualificato per ben sei volte alle finali del mondiale che ogni anno si svolgono a Kona alle Hawaii.  Ci sarà anche quest’anno: «Quella delle Hawaii è una gara unica dove tutto è iniziato tanti anni fa e dove tutto finisce- racconta- Per molti è il sogno di una vita, per me questa volta sarà la coronazione di una carriera iniziata quando avevo 15 anni e che mi ha dato tantissime soddisfazioni. É il cerchio che si chiude e ci arriverò ad ottobre con una preparazione graduale che mi terrà alla larga dal rischio di infortuni. Non correrò altri Ironman ma solo dei mezzi puntando anche a conquistarne qualcuno. Alle Hawaii non vado per vincere però darò tutto il meglio che potrò dare…». Come sempre d’altronde.  Non finisce  mai Daniel Fontana.  Contro il tempo, contro gli avversari, contro il buonsenso  forse anche contro la logica ammesso e non concesso che nello sport e nella vita ci sia una logica . Alla sua età continua a mettersi alle spalle tanta bella gioventù. E’ un fatto di classe, di muscoli, di cuore ma soprattutto di testa. Bisogna far ragionamenti seri per restare così a lungo sulla breccia, bisogna crederci, esser seri. Bisogna aver la stoffa , saper rischiare, osare. Ma anche saper perdere per poi capire cosa non ha funzionato, rimboccarsi le maniche e ripartire, ricominciare. Ad una certa età non è facile. Non è facile nulla a certi livelli. Decidere, continuare, arrendersi, resistere, competere, accettare i consigli…Tutti verbi all’infinito come infinita pare la carriera di questo triatleta argentino regalato all’Italia a cui tutto il movimento azzurro deve molto  per una storia che resisterà nel tempo e che ha ancora un’appendice.  Che andrà al di là dei social, dei video postati, delle passerelle che svaniscono come neve al sole. Qui si ferma il tempo. Il capitano della DDs ha trovato il modo di allungare la sua storia. Il suo “romanzo” come dice lui.  Ed ogni volta il capitolo è più complicato soprattutto come richiede uno sport di sacrificio come il triathlon che i questi ultimi anni sta registrando un vero e proprio record di iscritti, soprattutto nei settori giovanili: «Sì ci sono molti bambini che si avvicinano a questa disciplina ed è un bel segnale- spiega Fontana- Milano e la Lombardia fanno un po’ la parte del leone perchè qui ci sono tante società, c’è tradizione e ci sono strutture che permettono di seguire i ragazzi. E’ uno sport completo che, soprattutto all’inizio, insegna ai piccoli a diventare più autonomi, ad organizzarsi perchè la gestione di tre discipline richiede un po’ di organizzazione. Anche solo nel prepararsi la borsa».  Fatica, impegno e organizzazione che poi fanno la differenza. Che valgono per i più piccoli che devono imparare ma anche per chi come Fontana che da poco è diventato papà e che quindi si è trovato a «resettare» una vita e le sue giornate. Le sue doppie sedute quotidiane di allenamento, i viaggi, gli impegni: «Mio figlio mi ha cambiato le priorità- ammette- E’ la cosa che viene prima di tutto ed è chiaro che condiziona le scelte. Però credo che mi abbia cambiato dentro. Non so se farà triathlon, sinceramente non ci ho neppure pensato. Io sarei soddisfatto e felice che comunque facesse sport, per il suo benessere e per la sua formazione. Quale sarà poi lo deciderà lui…»

Foto del servizio: Dani Fiori