giannoE tre. Il prossimo Giro d’Italia per Paola Gianotti, trentottenne di Ivrea, due volte nel Guinness dei primati per le sue imprese ciclistiche tra cui il giro del mondo in solitaria, sarà il terzo della sua carriera da ultracycler. Lei corre davanti a tutti, sempre. Al Giro d’Italia pedala il giorno prima dei campioni, stesse tappe, stessi chilometri non un metro in meno. Corre davanti perchè sulle strade italiane chi pedala e va a piedi «rischia la pelle» e allora è meglio giocare d’anticipo con una campagna che, tappa dopo tappa, promuova la sicurezza, faccia sì che se ne parli, che si faccia qualcosa e che le parole diventino gesti, coscienza e senso civico e magari leggi.

«Il messaggio più importante che voglio far passare anche quest’anno- spiega- è quello della giusta convivenza tra ciclisti e automobilisti sulla strada perché la mobilità non è un guerra e non credo che un morto ogni 35 ore sia ancora accettabile…». Con Maurizio Fondriest e Marco Cavorso ha dato vita quindi lo scorso anno alla campagna «Io rispetto il ciclista» che, tra le altre cose, ha fatto sì che la distanza minima di 1,5 metri tra automobilisti e ciclisti nelle manovre di sorpasso divenisse una proposta di legge che è arrivata a un passo dall’essere approvata prima che cadesse il governo. Non se n’è fatto più nulla ma ora si riparte.

«Non ci arrendiamo- racconta- Con il Giro di quest’anno riprendiamo il discorso esattamente da dove lo avevamo lasciato ma faremo di più. Stiamo coinvolgendo tutti i Comuni attraversati dalla corsa affinchè adottino sui loro territori la segnaletica che avvisa del transito ciclistico e che ricordi di rispettare la distanza minima che in fase di sorpasso. Una segnaletica ovviamente dimostrativa in attesa e nella speranza che diventi una legge che poi la imponga con una disposizione del codice della strada».

E l’idea funziona. Gli organizzatori del Giro d’Italia la sostengono e sono già tantissime le amministrazioni comunali disponibili a schierarsi: da Palermo a Catania, da San Salvo a Cervia, a Rimini e a Trento tanto per fare qualche esempio: «La speranza è di coinvolgere tutti i Comuni attraversati dal Giro- spiega la Gianotti- che sono quasi cinquecento. Ma non ci si fermerà qui perchè la sicurezza è una forma di cultura e di rispetto che deve portare ad una sensibilità diversa, a non usare il telefonino mentre si guida ad esempio ma anche a pensare di realizzare sulle carreggiate delle strade un bike line di sicurezza che protegga le utenze più deboli e scoraggi chi guida a motore ad oltrepassarla».

Una battaglia di civiltà anche se poi il termine «battaglia» è proprio quello che non si vuole sentire: «Sì è vero- piega la Gianotti- La contrapposizione tra ciclisti e automobilisti non ha senso. Anche chi va in bici deve rispettare le regole, deve usare colori vivaci per farsi vedere e le luci posteriori e anteriori per non passare inosservato. Il resto lo fanno il buon senso e l’educazione tenendo però ben presente che con un’auto si può uccidere, con una bici quasi mai…»

E che sulle nostre strade la situazione sia drammatica non è solo una sensazione. I numeri parlano da soli. Nel 2018, pedoni e ciclisti i cosiddetti «utenti vulnerabili» hanno rappresentato il 29% del totale delle vittime di incidenti stradali in Europa e il 25% in Italia. Tra 2010 e 2018, sulle strade europee sono morti 51.300 pedoni e 19.450 ciclisti. Sono i dati salienti che emergono dal rapporto Etsc (European Transport Safety Council: Consiglio Europeo della Sicurezza dei Trasporti). In Italia, nel 2018 (ultimo dato disponibile), hanno perso la vita 612 pedoni (-1,4%, ma in aumento negli ultimi 2 anni) e 219 ciclisti (-17,3%, a fronte di una diminuzione media pari a -19%): nello stesso periodo, i decessi a bordo di autovetture sono diminuiti del 21,9%. Un «bollettino» inquietante che non si può più far finta ignorare. E il prossimo Giro di Paola Gianotti servirà proprio a tener desta l’attenzione. Che è già un passo avanti.