Il “Rosso di Buja” si veste di rosa. Per Alessandro de Marchi,  nato a Cividale del Friuli il 19 maggio di 34 anni fa ma cresciuto a Buja nel paese di sua madre, è il sogno di una vita da ciclista che fa piangere di gioia, che ti fa sgranare gli occhi, ti cambia i connotati forse anche il rosso dei capelli dove finisci per mettere le mani grandi da ciclista perchè proprio non riesci a crederci. Un sogno infinito, impalpabile, ricorrente e assillante come spesso diventano i sogni quando gli anni passano e ti sfiorano il dubbio e la paura di non riuscire a realizzarli. Un sogno cominciato una domenica mattina quando, in una sagra di paese, a sette anni vinse la sua prima garetta in una gimcana in mountainbike organizzata dalla società ciclistica Bujese. Così nascono i grandi amori, quasi sempre per caso. E poi, sempre per caso,  diventano sogni, rincorsi per chissà quante migliaia di chilometri, per 85 tappe,  per 11 anni da professionista, per mille volte. “Non mi far piangere…- dice ai microfoni della Rai subito dopo l’arrivo- Sono frastornato, ho solo voglia di starmene un po’ da solo in camera e forse solo domattina comincerò a godermi questa giornata che dedico a mia moglie Anna e a me stesso”. I corridori  al traguardo fanno sempre fatica a mettere in ordine i pensieri,  tormentati come sono dalla stanchezza, dalla delusione o dalla gioia. Alessandro De Marchi  non fa eccezione, c’è un rosa che colora una carriera vissuta in avanscoperta, coraggiosa e combattiva. Un rosa che gli fa brillare gli occhi che lo emoziona, che lo fa sentire spaesato e fuoriposto: “Erano un paio di giorni che questa idea mi ronzava per la testa- racconta- E stamattina quando ho visto che la fuga in cui mi sono infilato prendeva tanto vantaggio e poteva arrivare al traguardo sono andato in confusione. Anche perchè è stata un tappa in cui è successo di tutto. Ad un certo punto pensavo di aver perso l’occasione e mi sarebbe spiaciuto veder svanire tutto ancora una volta per un mio errore. Invece la vecchia regola di non mollare mai ha funzionato…”. Funziona spesso, non sempre. Ma stavolta le cose sono andate come è giusto che andassero in una quarta tappa  vinta da  Joseph Lloyd Dombrowski che è un racconto di altri tempi. Pioggia, freddo,  25 uomini in fuga, distacchi, salite e discese, traguardi che non arrivano mai, maglie che passano di mano, facce stravolte che diventano maschere.  Ma dopo 187 chilometri da Piacenza a Sestola  basta un secondo posto per premiare una vita in fuga.  Per vestire di rosa il “Rosso di Buja” e cambiare per sempre un storia sportiva e forse non solo sportiva.  “Tutti, all’inizio della gioventù sanno qual è la propria Leggenda Personale- scrive sul suo sito Alessandro De Marchi citando Paolo Coelho-  In quel periodo della vita tutto è chiaro, tutto è possibile. Ma poi, a mano a mano che il tempo passa, una misteriosa forza comincia a tentare di dimostrare come sia impossibile. Forze che sembrano negative, ma che in realtà preparano il tuo spirito e la tua volontà. Perché esiste una grande verità su questo pianeta: chiunque tu sia o qualunque cosa tu faccia, quando desideri una cosa con volontà, è perché questo desiderio è nato nell’anima dell’Universo. Quella cosa rappresenta la tua missione sulla terra…”