Ci raccontano sempre di una città intelligente, «smart» si dice oggi. Di una Milano europea, efficiente, accogliente, sostenibile. Ma è quasi sempre la città del centro, quella della Cerchia, dei nuovi quartieri ristrutturati o ricostruiti che finisce nelle brochure o nelle riprese di qualche film o di qualche fiction. In realtà, a Milano come altrove, ci sono tante città nella città. Tante realtà che nascondono altre narrazioni e che, sulla mappa, dal centro distano appena qualche chilometro. In realtà sono anni luce. Basta farsi un giro nelle tante zone di periferia per capire che in piazza Selinunte, in via Gola, al Corvetto o alla Barona qualche problema c’è. Che poi sono quelli comuni in tutte le grandi metropoli dove s’intrecciano disoccupazione, abusivismo, insicurezza e difficoltà di integrazione. Non basta inventarsi l’«urbanistica tattica» per venirne a capo. Non sono sufficienti i tavoli da ping-pong, qualche panchina colorata e qualche aiuola in più per riqualificare una periferia. E, nonostante la richiesta pressante di questi giorni che segue la striscia di reati cominciati con le violenze di Capodanno, non basteranno neppure i poliziotti che con tutta probabilità il ministro Lamorgese manderà in città o i militari di strade sicure che torneranno in pattuglia. Certo, meglio una divisa in più che una in meno, che tanto il rischio che Milano «assomigli a Beirut» proprio non c’è. Ma per riportare un po’ di normalità nelle periferie più difficili bisognerebbe innanzitutto ricordarsi che esistono. Palazzo Marino dovrebbe tornare a «battere un colpo» dando più forza ai suoi Municipi che invece ha colpevolmente dismesso. Dovrebbe provare a difendere i piccoli negozietti di quartiere, formidabili presidi contro il degrado, che ormai sono stritolati dai centri commerciali. Dovrebbe provare a risolvere i tanti casi di abusivismo e occupazioni che sottraggono spazi a che ne ha diritto e magari sostenere tutte quelle associazioni o piccoli gruppi di volontariato che sul territorio si danno un sacco da fare ma spesso non sanno dove accasarsi. E magari provare a mettersi d’accordo con il Provveditorato per tenere aperte anche la sera le palestre delle scuole dove si può, per permettere anche a chi lavora di fare un po’ di sport, di seguire qualche corso, magari qualche lezione di ballo. Cose «antiche» d’accordo, magari fuori moda, ma che renderebbero davvero la città più «smart».