Da Michele Scarponi a Davide Rebellin più o meno sono passati cinque anni e nulla è cambiato. Oggi come allora s’indignano tutti ma intanto si muore. Può bastare cosi, anzi deve bastare così. Federazioni, politica, organizzazioni di Giri, di Tour, di classiche, Aci, Sindaci, governatori, Associazioni, Enti, case automobilistiche facciano ciò che devono fare. Cioè si mettano concretamente a cambiare le regole di una mobilità che per chi pedala è indegna di un paese civile. Un metro e mezzo di distanza sorpassando chi pedala? Chiacchiere. Se non c’è nessuno che controlla non serve e a nulla. Piste ciclabili di un metro, che ci sono quando ci sono, con cordoli assassini ? Inutili. Giornate della bicicletta? “Cazzate”. Tavole rotonde che servono solo a mettersi in vetrina e a mettersi a posto la coscienza? Anche troppe. Si parla tanto di cultura della mobilità, cultura di un Paese  sostenibile e ciclabile ma creare una cultura è un processo lento.  Serve invece far qualcosa subito. Ad esempio mettendo le case automobilistiche con le spalle al muro. Se otto incidenti su dieci sono dovuti alla distrazione perchè ormai oggi chi guida nello stesso tempo conversa, chatta o risponde alle mail, si imponga loro ( per legge) di costruire da domani in avanti auto meno “smart” e  forse intelligenti sul serio che permettano la connessione telefonica solo se il mezzo è fermo. La tecnologia sicuramente c’è: lo si faccia. E se non basta ( perchè non basta) si normi la guida con il telefonino con il ritiro immediato della patente. E ancora. I sindaci delle città più trafficate comincino a pensare, come si fa all’estero, a limitare la velocità dei mezzi ai trenta orari. Limiti di velocità e telecamere, debitamente segnalate, non per far cassa ma per far realmente rallentare chi ha il piede pesante. E poi si cominci davvero a pensare a scaglionare gli orari delle metropoli: è assurdo che si vada tutti al lavoro, in ufficio, a caricare e scaricare, a scuola negli stessi orari. Le scuole, altro capitolo. Per togliersi ogni dubbio il sindaco Giuseppe Sala a Milano, ma anche i suoi colleghi altrove, vadano a vedere una mattina cosa succede davanti ad una scuola, tra mamme e papa che posteggiano ovunque perchè far 100 metri a piedi non si può,  se non valga la pena per una mezz’ora magari di chiuderlo il traffico. Le strade provinciali, statale, comunali, nota dolentissima. Tanto per cominciare fanno quasi sempre schifo: rattoppate, piene di buche, con segnaletica orizzonatale consunta. Anzichè annunciare nuove mirabolanti infrastrutture che verranno, il governatore lombardo Attilio Fontana  o chi verrà dopo di lui dopo le elezioni ( ma è soloun esempio vale per tutti i governatori ), cominci a rimettere a posto le strade che ci sono. Cominci a riasfaltarle, a regolare i tantissimi incroci incustoditi, cominci a disegnare sull’asfalto una linea di sicurezza gialla un po’ì più grande del normale che chi va in auto non deve oltrepassare. Non è una certezza ma un ottimo disincentivo psicologico: e serve. E poi il codice della strada. Gli si metta mano portando la bici nella giusta dimensione di mezzo di trasporto, come una moto, uno scooter. Spiegando che sulla strada una bicicletta non è un impaccio che deve stare al lato, che si può insultare, sfiorare e purtroppo spesso toccare.  Spiegando che chi si allena in bici da corsa non può andare sulle ciclabili Si metta nero sul bianco che i ciclisti possano pedalare sulle strade affiancati a coppie di due, in modo che il loro sorpasso sia con le stesse procedure di un’altra auto, cioè si fa se c’è spazio non a prescindere. Ciò detto le regole valgono per tutti., ciclisti compresi, così anche il popolo di quelli che dicono che gli incidenti chi pedala se li va a cercare è tranquillo. Resta il fatto che da Scarponi a Rebellin sono passati cinque anni ma nulla di tutto ciò è stato fatto e si continuano a contare i morti.