Novantuno anni ed emozionarsi «perché mi fa piacere vedere tante persone che vengono qui a festeggiarmi…». Guardarsi un po’ indietro ed essere, a buona ragione, soddisfatto «perchè sono felice di tutto quello che ho fatto e questa collezione di biciclette è qui a dimostrarlo». Ernesto Colnago ha spento ieri 91 candeline nelle sale dello stupendo «Museo LA Collezione» inaugurato qualche mese fa a Cambiago. Una festa tra amici dove a salutarlo, c’erano la famiglia Squinzi e campioni come Beppe Saronni, Gianni Bugno, Paolo Savoldelli, Davide Boifava, Gianni Motta, Gianbattista Baronchelli, Mario Scirea, Davide Bramati, Luca Guercilena. C’era chi con «l’Ernesto», con l’articolo davanti come dicono dalle sue parti in Brianza, hanno condiviso un viaggio che è storia. E basta guardarsi intorno nelle sale del Museo che ha preso il posto dell’officina sotto casa sua per capire che è una storia importante. Settant’anni di ciclismo raccontato da fotografie, maglie, biciclette protagoniste di imprese leggendarie come quella costruita epr il record dell’Ora di Eddy Merckx del 1972, quella con cui Beppe Saronni vinse il Mondiale di Goodwood del 1982, quelle vincitrici di ben cinque Roubaix. «Novantuno anni ma non me li sento- ha scherzato Colnago- Sono una vita che questa Collezione in un certo senso racconta…». Una avventura cominciata in una piccola officina di 25 metri quadrati al numero 10 di via Garibaldi a Cambiago. L’Antonio e l’Elvira, i suoi genitori, volevano che continuasse a fare il contadino perché la terra c’era, rendeva e un paio di braccia in più facevano comodo, ma l’Ernesto lo sapeva che sarebbe finita come è finita. La sua storia se l’è scritta tutta da solo dal quel bugigattolo «5×5» dove metteva i raggi alle ruote. Novantuno anni che raccontano la sua vita, sua moglie Vincenzina scomparsa qualche tempo fa e che raccontano l’epopea del ciclismo scritta da chi è sempre stato abituato a rimboccarsi le maniche fin da piccolo, quando per imparare il mestiere fu spedito nell’officina del «Dante Fumagalli» in cambio di due chili di farina alla settimana. Sembra ieri. Come le prime corse e le prime vittorie, la prima sponsorizzazione della storia nel 1954 con la Crema Nivea. La prima in bici da dilettante con in premio un lussuoso abito di «gabardin». Una vita scritta tra Giri d’Italia, mondiali e Tour. Tra bici pensate e costruite con il Drake Enzo Ferrari, quando il carbonio era roba da Formula Uno, costruite e donate a papa Woityla, pensate e sprimentate per la Parigi -Robaix incrociando le dita perche per vincere ci vuole coraggio, un po’ di fortuna e campioni come Franco Ballerini. Una vita che potrebbe tutta finire in un museo e che un po’ ci è anche finita.