Con lui o contro di lui. Non conosce mezze misure il ciclismo di Remco Evenepoel: vittorie, sconfitte, trionfi, batoste…«Ieri è stata una giornata molto difficile. Non sono riuscito a dormire, ho passato una brutta notte, ho avuto molti pensieri negativi. Oggi mi sono alzato e ho pensato: “approfitta della giornata”. Sono contento di aver vinto la mia seconda tappa, mi sentivo molto bene: ho risposto all’attacco di Lopez e sono rimasto solo in testa con Bardet. Ci siamo messi d’accordo per andare avanti insieme, sono molto orgoglioso della risposta che ho dato. Prossimi obiettivi? La maglia a pois e altre vittorie…». Come aveva promesso ieri Pieter Serry, uno dei quattro compagni di squadra che avevano scortato Evenepoel sul calvario del Tourmalet nel suo addio alla classifica della Vuelta, oggi il campione belga ha girato l’interruttore. E puntuale è arrivata la vittoria nella quattordicesima tappa, la Sauveterre-de-Béarn – Larra-Belagua di 156,5 chilometri.  Una vittoria d’orgoglio, di istinto e di rabbia finita con un pianto liberatorio, dopo una fuga cercata con tutte le forze insieme con Romain Bardet  a 90 km dall’arrivo, prima che il francese alzasse bandiera bianca a 4 km dal traguardo. “Remco è risorto…” titolano molti siti fiamminghi ma, anche senza improbabili paragoni, il giovane capitano della Soudal Quick-Step oggi ha dato un bel segnale di vita. Da fuoriclasse. Piaccia o non piaccia questo è:  Remco divide.  Non ci vie di mezzo per raccontare questo fenomeno che a soli 23 anni ha già vinto una Vuelta, due Liegi-Bastogne-Liegi, tre classiche di San Sebastian, due mondiali su strada e a cronometro. Non ci sono vie di mezzo perchè o si ama o si odia.  Perchè  è spesso sbruffone,  spesso arrogante e non fa il minimo sforzo per rendersi simpatico. Nato il 25 gennaio 2000 a Schepdaal, una frazione del comune di Dilbeek a pochi chilometri da Bruxelles,  è figlio di  Patrick Evenepoel, professionista che tra gli Anni ’80 e ’90 battagliava con Miguel Indurain e Gianni Bugno. Arriva nel ciclismo che conta solo quattro anni fa.  Prima fa dell’ altro, soprattutto gioca a calcio sua passione da quando aveva cinque anni, nella file dell’Anderlecht, del Psv Eindhoven fino alla nazionale giovanile del Belgio dove è anche capitano. Insomma non uno scarso. Poi però l’amore finisce. E finisce quando dal Psv lo mandano a farsi le ossa in prima divisione nel Malines. Saranno le fabbriche un po’ tristi di questo paesone indutriale nella provincia di Anversa,  sara l’aria delle Fiandre, sarà che quando si è giovani si fa presto a cambiare idea il centrocampista di belle speranze decide di punto in bianco che il calcio non fa più per lui e nel 2016 mette il pallone in garage e sale in bici.  Quattro mesi di apprendistato è arrivano le prime vittorie: alla Bizkaiako Itzulia, una delle più importanti gare internazionali della categoria juniores,  alla Aubel-Thimister-Le Gleize, alla Route des Gèants e alla Philippe Gilbert Junior.  Nel 2018  in 47 giorni centra  36 vittorie tra gli juniores, campione nazionale, europeo e mondiale sia in linea che a cronometro, e a 18 anni firma il suo primo contratto da professionista con la Quick-Step di Patrick Lefevere. L’anno dopo  vince l’Europeo a cronometro élite e conquista l’argento al Mondiale sempre a cronometro. Il resto è storia recente, compreso quel volo terribile che tre anni fa lo ha visto precipitare da un muretto in una scarpata al Giro di Lombardia. Una storia breve ma intensa, una storia da predestinato che pone il belga già tra i grandi del ciclismo di oggi qualsiasi cosa di lui si possa pensare, da qualsiasi parte si decida di stare, indipendetemente dalla ( tanta) strada che ancora dovrà percorrere.  Remco è così: prendere o lasciare. Esagera quando perde, esagera quando vince, esagera sempre. Mai normale, mai banale e qualcosa vorrà pur dire…