Paola Patricelli e Roberta Pagliuca ieri hanno hanno tagliato insieme il traguardo della maratona di New York. Che è già un’impresa di suo ma lo diventa ancor di più per loro perchè Paola ha spinto Roberta, in carrozzina dalla nascita, lungo tutto il percorso, in un viaggio che ha commosso il pubblico americano. Una corsa  di 4 ore e 27 minuti tra tifo e applausi che ha trasformato 42 chilometri di fatica in un inno all’amicizia, alla determinazione e all’inclusione. 

Paola è un’ insegnante di inglese in un istituto primario di Pescara, Roberta ha tre lauree  in scienze pedagogiche, sociologia e criminologia e vive a Montesilvano. Praticamente vicine di casa.  Si sono conosciute anni fa in una gara in Abruzzo e da allora  sono tredici anni che corrono insieme. A New York però era la prima volta, una maratona per due, sognata, immaginata e voluta:  ennesimo dei tanti capitoli già scritti

«Quando corriamo  diventiamo una persona sola e questa maratona è stata una festa di vita, di fiducia e di condivisione – racconta Paola Patricelli – Ogni chilometro percorso con Roberta è stato un modo per ricordare che insieme si può arrivare ovunque, anche dove da soli sembrava impossibile. Anche il risultato sportivo inoltre ci ha pienamente soddisfatto: 4 ore e 27 minuti per noi sono un tempo di assoluto riguardo.  Avere accanto A35 Brebemi ci ha fatto sentire parte di una rete di persone che costruiscono connessioni, che credono nel valore del viaggio e nel significato più profondo delle strade: quelle che uniscono, che avvicinano e che rendono possibile muoversi insieme verso un futuro più inclusivo.»

Manhattan è stato il traguardo immaginato dopo anni di gare: prima le 5km, poi le 10 e le mezzemaratone, fino ad arrivare alle 42km di Dubai e Parigi. All’ombra della Torre Eiffel erano arrivate prime tra i gruppi di partecipanti che al loro interno avevano persone in carrozzina, con Paola ad essere l’unica donna a sostenere Roberta dal primo all’ultimo chilometro senza mai avere il cambio.  Poi all’orizzonte, magari non troppo lontano, sarà la volta delle altre grandi maratone: quelle di Boston, Sidney, Chicago, Tokyo e Londra.  Insomma non finsice qui

“Abbiamo tanti interessi in comune, non solo lo sport – raccontava Paola mesi fa all’ANSA-  Ci piace la musica, andiamo ai concerti, facciamo tante cose insieme nel quotidiano. In gara siamo una cosa sola, le mie gambe diventano le sue, ma lei capisce quando io sono stanca e mi spinge sempre a fare qualcosa in più. Correre ci ha unite tantissimo e ci siamo rese conto di esser diventate un modello per tante persone che quando conoscono la nostra storia restano colpite dal messaggio di fiducia e d’amore che riusciamo a trasmettere”. Ma c’è anche tanto altro nella storia di Paola e Roberta. Insegnamenti di vita, il non arrendersi di fronte alle difficoltà, economiche o fisiche, la volontà di inseguire i propri sogni e la capacità di vedere gli altri con quella normalità che tutti meritano, perché non è mai una malattia o una carrozzina a determinare chi siamo, il messaggio che arriva da entrambe. “E questo è quello che Roberta dice sempre che l’ha colpita di me – racconta Paola -. E’ rimasta colpita per la naturalezza con la quale le parlassi, non facendola sentire una disabile come invece succede molte volte con gli altri che pensano lei non possa capire.

«Essere al fianco di Paola e Roberta per noi ha significato sostenere molto più di una sfida sportiva – spiegaMatteo Milanesi, Direttore Generale di A35 Brebemi Aleatica ha significato credere nella forza delle relazioni autentiche, nella capacità di superare i limiti insieme e nella bellezza di una mobilità che unisce persone e valori. È un messaggio che sentiamo profondamente nostro e che ci ispira ogni giorno nel modo in cui gestiamo e viviamo la nostra infrastruttura.»