Da ieri Thomas Casarotto non c’è più. E’ stata dichiarata la morte cerebrale e i medici hanno staccato le macchine che tenevano in vita il diciannovenne ciclista di Schio (Vicenza) vittima di una caduta venerdì scorso durante il Giro del Friuli Venezia Giulia, quando sulla sua strada si è trovato un Suv in contromano. Il collegio di medici dell’ospedale di Udine nel tardo pomeriggio ha deciso così visti i gravissimi danni cerebrali da lui riportati e, secondo la volonta dei
genitori, è stato disposto l’espianto degli organi per la donazione. E’ la fine di una storia tragica e assurda. Di una morte che a me continua a sembrare inspiegabile perchè ti arriva addosso mentre stai facendo sport, mentre stai correndo una gara ciclistica ufficiale su una strada che dovrebbe essere chiusa al traffico e dove non ti devi aspettare che qualcuno ti venga in nessun modo di fronte. Nei giorni scorsi il presidente della Federciclismo Renato di Rocco ha spiegato come le corse ciclistiche dilettantistiche siano diventate piiù sicure, di cosa si debba ancora migliorare e che l’incidente di Casarotto è stata una tragica fatalità. Ecco questo è il punto. Credo che per onorare la memoria di questo ragazzo morto a 19 anni la paraola fatalità non debba neppure essere pronunciata e spero che i giudici di Udine, che su questo caso hanno aperto un’inchiesta, ci spieghino cosa è davvero successo. Perchè non accada più.